PARITÀ DI GENERE LONTANA
Dopo la recente tornata elettorale regionale, vale la pena posare l’attenzione sulla rappresentanza di genere. Il tema ha ricevuto da diversi anni una certa attenzione sia a Trento sia a Bolzano. Infatti, i due consigli provinciali hanno introdotto nella legislazione elettorale le cosiddette quote di lista, per cui le liste dei candidati devono essere composte da rappresentanti di entrambi i sessi. Nel marzo 2018, il Consiglio provinciale trentino ha approvato una più stringente riforma in questa materia, elevando la soglia per la formazione delle liste e introducendo la doppia preferenza di genere. Secondo la nuova disciplina, le liste elettorali devono essere formate in egual misura da rappresentanti di entrambi i generi e una delle due preferenze esprimibili per i candidati dello stesso partito devono essere attribuite a persone di genere diverso. Detto diversamente, Trento e Bolzano hanno adottato strumenti opposti e costituiscono oggi un importante caso di studio per capire fino a che punto possiamo affidarci alla normativa elettorale per favorire un riequilibrio della rappresentanza.
Come spesso succede, i risultati non sono univoci né facilmente interpretabili. Una sola tornata elettorale non è sufficiente a suffragare con certezza l’ipotesi che le quote di genere siano la panacea di tutti i mali e nemmeno che non servano a nulla. Tuttavia, qualcosa di analiticamente fondato si può comunque dire.
In primis che l’equilibrio di genere non dipende solo dalle quote, siano esse di lista o di preferenza. Nel Consiglio provinciale di Bolzano, infatti, il numero delle elette è stato per lungo tempo più elevato di quello delle colleghe trentine a parità di legislazione elettorale. Ciò detto, una legislazione che favorisca il riequilibrio può avere effetti (perlomeno) correttivi. Per esempio, la competitività delle candidate di genere femminile (misurata attraverso uno specifico indice infragenere) è cresciuta (seppur di poco) nel 2018 rispetto alle elezioni del 2013: ciò vuol dire che le candidate non vengono inserite nelle liste solo per soddisfare obblighi legislativi ma che si contendono con i candidati uomini l’elezione. Effettivamente il numero delle elette nel Consiglio provinciale di Trento è aumentato in modo importante dopo l’introduzione di specifiche norme.
Tuttavia, le analisi ci portano a considerare anche un altro aspetto: non è la normativa, da sola, che produce una maggiore rappresentanza femminile quanto il dibattito (spesso acceso) che ne accompagna l’adozione. Tale dibattito ha probabilmente l’effetto di sensibilizzare ulteriormente gli elettori già interessati al tema portando all’attenzione dei più «distratti» una questione rilevante.
Sia come sia, la normativa da sola non basta per creare riequilibrio. L’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha adottato nel 2016 una risoluzione che pone l’accento anche sulle misure di accompagnamento alla vita politica, come quelle che consentano di conciliare attività politiche e vita privata; corsi di formazione alle donne in politica; incentivi per catturare l’attenzione dei media sul tema in questione; destinazione di una parte dei finanziamenti pubblici ai partiti alle attività rivolte a promuovere la partecipazione femminile, e molte altre. Insomma, di strada da compiere ne rimane ancora parecchia da fare.