Il dolore dell’imam «Andiamo in chiesa a pregare per lui»
Breigheche: «Atto disumano e criminale»
Solidarietà per le vittime TRENTO e condanna assoluta di quanto accaduto a Strasburgo. Ma anche un monito a non cadere in una ingiustificata islamofobia. Aboulkheir Breigheche, l’imam trentino, manifesta appieno la propria vicinanza alla famiglia Megalizzi per la morte di Antonio in seguito all’attacco di martedì sera. «Provo una grande tristezza per le vittime innocenti. La mia solidarietà va a tutte le persone colpite, ma in particolare al nostro Antonio. Dico “nostro” perché è trentino come noi. Una persona normale, che conduceva la sua vita come tutti i cittadini del mondo. Esprimo vicinanza ai famigliari a nome mio e dell’intera comunità islamica trentina per il profondo dolore che stanno provando».
Un desiderio di partecipazione collettiva che Breigheche aveva diffuso ben prima della morte del ragazzo, e che ora rinnova, invitando la comunità islamica ad andare a Cristo Re per associarsi ai momenti di preghiera organizzati dalla parrocchia in cui presta servizio come catechista Annamaria, la madre di Antonio. Momenti per unire la cittadinanza in sostegno alla famiglia che si sono dovuti scontrare con la notizia della morte del giovane giornalista, giunta ieri nel tardo pomeriggio. «Questi episodi non trovano spiegazione né giustificazione. Condanno fortemente le azioni degli aggressori criminali: sono generate da un senso di disumanità, disprezzo della vita e da una devianza che vanno affrontati con tutti i mezzi». Breigheche, come già in passato, esprime la sua ferma risoluzione non solo nel condannare tali episodi di terrorismo, ma nel rifiutare decisamente il solo accostare la religione islamica a questi attacchi. «Così come non definiamo i mafiosi “cristiani”, anche se indossano la croce al collo, non dobbiamo definire questi terroristi “islamici”. Si tratta di un problema di strumentalizzazione gravissimo, anche mediatico. Questi criminali sono un problema dell’intera comunità, non solo di quella islamica: non frequentano le moschee né i centri religiosi islamici. Danneggiano l’immagine della nostra comunità, ma non sono il prodotto della nostra tradizione e della nostra cultura». Sempre più spesso infatti le persone di religione islamica vengono indebitamente accomunate a questi criminali e diventano vittime di attacchi razzisti. Episodi di bullismo, insulti, aggressioni fisiche, imbrattamenti e danni a moschee e luoghi di culto sono avvenimenti sempre più all’ordine del giorno. «L’islamofobia è un problema gravissimo, che si sta diffondendo a macchia d’olio. Si manifesta in atteggiamenti che sono generati da episodi come quello di Strasburgo, ma anche da una politica basata su esclusivismo, razzismo, xenofobia e odio» ammonisce severamente l’imam. «In particolare si tratta di un problema che è stato acuito dall’episodio dell’attacco alle Torri Gemelle l’11 settembre 2011, ma che negli ultimi anni è in aumento».
Il timore «Non definiamoli islamici: non sono il prodotto della nostra cultura»