«Gli statuti speciali? Vediamo se funzionano»
«Spero che l’autonomia arrivi in Consiglio dei ministri prima di Natale». A Bologna il ministro per gli Affari regionali Erika Stefani non può dare certezze sulle tempistiche del regionalismo differenziato chiesto anche dall’ Emilia Romagna. Troppe le« resistenze di alcuni ministeri », come dice il presidente della Regione Stefano Bonaccini, che siede al fianco del ministro leghista. Nette, anche se sul tema ieri Stefani si è trincerata dietro a un no comment, le divergenze di vedute nella compagine di governo tra la componente leghista e quella pentastellata. Tanto che a fine novembre lo stesso ministro per gli Affari regionali aveva richiamato il M5S al «rispetto del contratto di governo». «Quello dell’autonomia è un tema trasversale e tecnico», esordisce dal palco Stefani, accolta in città con il massimo fair play. Dai padroni di casa dell’Università, ovviamente. Incluso l’ex rettore Fabio Roversi Monaco, le cui opere hanno ispirato la giornata di studi sulle «autonomie nell’ordinamento giuridico». Ma anche dal presidente Bonaccini e dall’assessore regionale Emma Petitti. «A differenza di alcuni ministri che non aprono neanche la porta — sottolinea Bonaccini — con lei abbiamo costruito un rapporto di leale collaborazione. Per questo sono fiducioso che nelle prossime settimane si possa arrivare a un’intesa storica».
Nonostante la fiducia del presidente e la speranza del ministro veneto, la linea del traguardo per l’autonomia resta avvolta dalla nebbia. Anche perché, come dice Stefani, «ci si trova ad avventurarsi su un terreno nuovo. Che nasce da un comma di un articolo della Costituzione e scarno». Un comma che permette alle Regioni di chiedere ulteriori spazi, ma «non spiega qual è il percorso». «Creare una legge richiede i suoi tempi», mette le mani avanti il ministro.
Chi si aspettava l’autonomia a ottobre, come il Veneto, si è già scontrato con la realtà dei fatti. Chi, come l’EmiliaRomagna, aveva fissato l’asticella a fine anno, continua a sperare. «Al governo chiedo di accelerare — insiste Bonaccini — Non c’è bisogno di nuove Regioni a statuto speciale». Piuttosto di una ricognizione su quelle esistenti: «Il prossimo anno sarebbe il momento di andare a verificare lo stato di salute di alcune Regioni a statuto speciale. Essendo anche quelle risorse pubbliche, voglio andare a vedere quali sono i criteri per comprendere se funziona davvero o ci sarebbe bisogno di qualche correttivo».