CAPOLUOGO IL GRANDE EQUIVOCO
Il rafforzamento delle periferie e la necessità di non depauperare le valli ma anzi di renderle ancora più strategiche nella crescita del Trentino, sono obiettivi condivisibili. Fa bene, quindi, il governatore Fugatti a battere su questo tasto. C’è però un rischio: muoversi in un’unica direzione, dimenticandosi che esiste anche un capoluogo. Un centro urbano che non è solo catalizzatore (inevitabile) di servizi, ma sta assumendo le sembianze di una città multiforme. Un tempo dominava fortemente il terziario, oggi troviamo altro, soprattutto turismo e cultura.
Questa provincia, stando anche alle dichiarazioni di Fugatti, pare essere malata di «trentocentrismo» al cospetto di una periferia che arranca. Il pericolo è di rinfocolare vecchi attriti, quando il centro veramente fagocitava le valli, fino a renderle marginali all’interno di un disegno di sviluppo. Fa certamente la cosa giusta, allora, il governatore a tenere alta l’attenzione. Bisogna però sgomberare il campo da un equivoco e cioè che Trento abbia già ottenuto risorse e attenzioni a sufficienza. Non è affatto così. La verità, come sempre, sta a metà strada. Oggi più che mai il capoluogo necessita di attenzioni, possibilmente concrete e non solo annunciate. La città non è solo vigilantes davanti alle chiese, presidio di polizia in piazza Dante, insomma la quotidianità che si fa governo. Su Trento vanno fatte pure delle scelte forti, coraggiose, impattanti, capaci di guardare oltre l’ordinario.
Ela Provincia deve essere un partner convinto e affidabile di una simile trasformazione, superando possibilmente ogni contrasto politico.
Basta rileggersi la relazione al bilancio del sindaco Alessandro Andreatta, illustrata solo qualche giorno fa, per capire quanto sia delicato questo momento, quante sfide aperte rimangano in attesa di risposte. Certo, sarebbe bene che prima di tutto l’Assemblea cittadina, al di là delle divisioni partitiche, riuscisse a ritrovare uno scatto d’orgoglio. Perché una città forte può essere un interlocutore altrettanto forte nei confronti della Provincia. Pertanto l’appello che Andreatta ha fatto all’intero Consiglio («ricompattarsi, non solo come maggioranza, attorno a una strategia positiva di trasformazione della città») meriterebbe quantomeno di finire al centro del dibattito attorno alla manovra di bilancio.
Ciò detto, torniamo al punto nodale della vicenda «centro-periferie», con Fugatti e la sua giunta interlocutori previlegiati di una scommessa che merita di essere fatta — ovviamente in una chiave collaborativa anziché conflittuale — per raggiungere un preciso traguardo: pensare e costruire una città non in competizione ma al servizio delle valli.
Una programmazione che passa attraverso questioni rilevanti: la gestione del territorio con il varo del nuovo Piano regolatore e la tutela dell’agricoltura, i servizi di trasporto, il destino delle aree dismesse — in particolare quelle presenti in Destra Adige e a Trento nord —, l’edilizia universitaria e l’interramento della ferrovia che per la portata del progetto potrebbe cambiare il volto della città. Davanti a una tale scenario, allora, nessuno può negare al capoluogo la medesima richiesta di attenzione riservata alle valli. Per Fugatti sarebbe inoltre un’occasione quanto mai ghiotta per partecipare attivamente al ridisegno urbano e a un anno e mezzo dalle elezioni comunali tale prospettiva potrebbe avere ricadute politiche da monetizzare. L’importante ad ogni modo è evitare di incartarsi all’interno di inutili e stucchevoli contrapposizioni di parte.