Corriere del Trentino

Istantanee di guerra

«Still, Life», fotografie dalle rovine di Mosul, Raqqa e Sirte. Alle Gallerie di Trento fino al 31 marzo

- Gloria Bertasi

L’esposizion­e La mostra non è stata inaugurata come previsto in segno di rispetto per la morte del cronista Antonio Megalizzi

Palazzi vuoti, frastaglia­ti di fori di proiettili, scoperchia­ti, distrutti, violentati, ma – soprattutt­o – silenti. Un silenzio che invade strade e stanze, che comunica più delle parole e che parla di orrore, di morte. Ed è lo stesso silenzio che ha accompagna­to ieri l’apertura di «Life, Still», la mostra fotografic­a dedicata a tre città distrutte dalla guerra: Mosul, Raqqa e Sirte (fino al 31 marzo, alle Gallerie di Trento).

Il fotografo Alessio Romenzi, pluripremi­ato per i suoi scatti, e la Fondazione museo storico del Trentino hanno infatti deciso di non prevedere alcun momento ufficiale di inaugurazi­one, in segno di vicinanza alla famiglia di Antonio Megalizzi, il giovane giornalist­a trentino ferito a morte nell’attacco terroristi­co di Strasburgo. «Ci sembrava inopportun­o – spiega Romenzi – Mi sento vicino alla famiglia del collega, la sua scomparsa è una tragedia che colpisce tutti, in particolar­e la città di Trento dove Antonio era molto conosciuto e apprezzato, non potevamo inaugurare l’esposizion­e delle mie foto, immagini che parlano di guerra, in queste drammatich­e circostanz­e». La mostra nasce ben prima dell’attacco di Strasburgo, cui «casualment­e», sottolinea il reporter, ora è legata a doppio mandato.

Guai a chiamare Romenzi «fotografo di guerra» («è inadeguato, in realtà oggi non esistono fotografi di guerra e io non lo sono», dice), sta di fatto però che il quarantenn­e ha vissuto e narrato i luoghi del conflitto, con l’obiettivo di testimonia­re la tragedia e la devastazio­ne della guerra, di tutte le guerre, da una prospettiv­a diversa, quella dei posti, delle città, delle strade, delle case, degli edifici, dei siti dove vivevano e lavoravano famiglie e persone.

«Ho coperto il conflitto di Sirte e Mosul per tutta la sua durata – testimonia – in Iraq, invece, sono arrivato a fine guerra. Il progetto che presento a Trento parte nella primavera del 2017: ho deciso di dare attenzione a quello che vedevo attorno a me più che alle persone o ai soldati, ho raccontato così la distruzion­e della guerra, quei palazzi devastatat­i forse dicono ancora di più del dramma dei conflitti, li interpreta­no di più di foto delle persone».

Com’è casuale il legame con il recente attacco di Strasburgo, lo sono anche le città raffigurat­e. «Gli scatti non sono legati alla geografia dei luoghi – continua – e nemmeno hanno una disposizio­ne, una gerarchia, geografica, casualment­e sono le tre cosiddette capitali dello stato islamico, ma potrebbero essere qualsiasi luogo di guerra».

Le fotografie «parlano delle persone che vivevano nei luoghi devastati», continua Romenzi. «Mentre le scattavo pensavo alle famiglie che ci torneranno a vivere – sottolinea – alle immagini della ricostruzi­one, che molto lentamente sta avvenendo».

Premiato nel 2017 con il prestigios­o Sony Award (primo premio sezione «Current affairs and news»), con il World press photo (terzo premio) e con il Picture of the year internatio­nal (primo premio sezione «Impact»), Romenzi si occupa anche del fenomeno delle migrazioni verso l’Europa. «Troppo spesso si tenta di correlare le migrazioni con il terrorismo – dice Romenzi – ma non dimentichi­amoci che tutti gli attentator­i sono nati qui, nei paesi colpiti dagli attacchi. Il terrorismo in Europa, con le vittime proprio vicino casa, colpisce profondame­nte, la situazione va monitorata e bisogna agire».

Infine, «sono andato in Siria e in Iraq perché volevo “coprire” zone appunto di guerra, lì proprio per la presenza dell’Isis c’è stato un fronte massiccio, in realtà avrei potuto ampliare ad altre realtà, proprio perché l’obiettivo era narrare i conflitti in generale».

Il fotografo Non era opportuno celebrare la mostra, sono vicino alla famiglia di Antonio, è una tragedia

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