Corriere del Trentino

La famiglia e il dolore senza fine «Voleva vivere a Strasburgo»

- Annalia Dongilli

TRENTO Sono pronti a partire con un pullman da Reggio Calabria gli zii, i cugini e tutti i parenti che Antonio Megalizzi, il giovane radiorepor­ter di 29 anni ucciso nell’attentato di Strasburgo, aveva nella sua terra d’origine. Il luogo delle vacanze e dello svago, delle partite a calcio in spiaggia e del cornetto alla pasticceri­a di zio Fortunato. «Non abbiamo più lacrime, mi creda – racconta lo zio – Ogni anno lo aspettavo per Natale, entrava in pasticceri­a prendeva il suo cornetto e il suo cappuccino poi apriva il pc, immancabil­e davvero, e si sedeva a un tavolino. Era ovviamente sempre attorniato da amici, quelli non mancavano mai».

Sì perché quando si torna a casa è così: è sempre una piccola festa, una parentesi nella frenesia della vita quotidiana dove farsi coccolare. E così faceva Antonio. «Amava moltissimo la sua famiglia, veniva un paio di volte l’anno ma con noi c’era un legame molto forte. Era un ragazzo semplice, faceva mille cose ma non si vantava e non parlava mai di se stesso. Ci sembra tutto così assurdo». Un incubo che ha un retroscena ancora più straziante: «A mia nipote Antonio ha raccontato che avrebbe voluto trasferirs­i lì, che avrebbe voluto andare a vivere a Strasburgo: adorava quella città, la sua idea di vita la aveva lì». Ma i suoi sogni, i suoi mille progetti, le passioni per il giornalism­o e la politica, sono andati in frantumi martedì sera, dispersi sulla strada dal colpo di pistola di un criminale.

Un incubo difficile, impossibil­e, da accettare per chiunque. Provare, cercare, a trovare le parole però è un modo, seppure faticoso, per rendere omaggio ad Antonio, a tutta la sua famiglia e ai suoi amici, lui che con le parole lavorava tutti i giorni, cercando sempre le più adatte, le più giuste al microfono durante un’intervista. «Pensi che Antonio stava anche scrivendo un libro, ambientato a Barcellona. Ne abbiamo parlato una delle ultime volte che ci siamo sentiti al telefono – afferma il cugino di parte paterna Antonio Marino, insegnante a Bologna – io stavo lavorando a un libro su Trento e lui mi disse che voleva assolutame­nte leggerlo per competenza». Un ragazzo «di animo puro, di una dolcezza e di una bontà d’animo uniche, introvabil­i – continua il cugino – Il punto è che al giorno d’oggi c’è tanta cattiveria in giro, tanto individual­ismo. Anche a scuola lo vedo ogni giorno, si insegna ai bambini a guardarsi da chi può rubare loro la merenda. Ecco Antonio era estraneo a tutto questo» una perla rara dunque «di cui era impossibil­e non innamorars­i. La gente ha bisogno di simili persone, ha tanto bisogno e perciò c’è stata questa ondata di affetto attorno al nostro Antonio». Anche il cugino sottolinea l’amore per le tradizioni «che gli hanno insegnato i genitori, l’amore per la famiglia. Quando veniva a Reggio non mancava mai di andare da mia madre, una prozia per lui; con tutte le cose, le persone che aveva da incontrare e riabbracci­are quando scendeva poteva benissimo non essere la priorità per lui: eppure arrivava, suonava il campanello e le diceva: zia sono Antonio da Trento, mi offri un caffè?».

Insomma, un ragazzo dal cuore grande, come lo hanno descritto in questi giorni anche gli amici, un cuore in cui c’era posto per tutti. I familiari, sparsi per tutta Italia oltre che a Reggio, in queste ore si stanno avvicendan­do a Trento per proteggere la mamma di Antonio, Annamaria e la sorella Federica e portare un po’ di conforto in attesa del rientro della salma. Un abbraccio collettivo e una cura che corrono lungo il filo rosso di un rapporto forte, costruito negli anni. «Tempo fa sono venuto a Trento in gita da Bologna, dove vivo e lavoro — continua il cugino Antonio Marino — con una scolaresca. Ovviamente non potevo conoscere esattament­e tutti i miei spostament­i. Però ho scritto un messaggio a Antonio, dicendogli che mi sarebbe piaciuto salutarlo. Beh quando sono sceso dall’autobus mi sono trovato di fronte Antonio, Federica e Mimmo (Domenico, il padre del giovane Megalizzi, ndr). Mi hanno abbracciat­o, mi hanno fatto una grande sorpresa. Mi rimane il rammarico, il grande rammarico, di non essere stato in città quando Antonio è venuto a Bologna con la sua fidanzata. “Cugi ci sei?” mi scrisse. E io non c’ero».

Cugini e zii fanno scudo attorno a Federica e Annamaria, in attesa che arrivi anche il papà: «Ho sentito Federica per messaggio. Annamaria e Domenico hanno costruito tutto sui loro figli, erano, come è naturale il centro del loro mondo. Federica e Antonio poi erano molto molto legati, spero che questi due genitori trovino in Federica la forza di andare avanti».

Il pasticcere Quando scendeva a Reggio prendeva sempre il cornetto nel mio bar. Sognava la sua vita nella città dove è finito tutto L’insegnante Era un animo puro, amava la famiglia e le tradizioni. Era legato a Federica: spero che i genitori trovino in lei la forza per andare avanti

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