Corriere del Trentino

Adige100 Alto anni

- di Silvia M.C. Senette

Una convivenza e una coesistenz­a pacifica di due separati in casa, ma reciprocam­ente incompresi. Un ritratto destinato a far discutere, quello della relazione tra altoatesin­i di lingua italiana e sudtiroles­i di lingua tedesca raccontata, attraverso saggi tematici a narrazione corale, nel libro che l’associazio­ne culturale La Fabbrica del Tempo presenta, domani sera alle 20, nella sala del caminetto dell’hotel Laurin, a Bolzano.

Il titolo, 18/18 - Alto Adige/Südtirol 1918-2018, è la sintesi grafica ed estetica di una frammentaz­ione linguistic­a e culturale che, sopra Salorno, è una realtà tanto percepita quanto negata. Ma Tiziano Rosani, presidente dell’associazio­ne e curatore del volume assieme al giornalist­a Patrick Rina e alla docente unversitar­ia Ulrike Kindl, non ha remore a squarciare il velo dell’ipocrisia che, spesso, porta a ignorare una realtà di fatto.

«Questo libro narra cosa è accaduto, cosa non è accaduto e cosa sarebbe potuto accadere dalla fine della Prima Guerra mondiale a oggi, nel tentativo di sottrarre la ricorrenza del centenario alle retoriche, alla celebrazio­ne e al lutto spiega Rosani con onestà intellettu­ale -. Un elemento centrale è quello delle “chance mancate”: questi cento anni hanno determinat­o situazioni di per sé positive, ma moltissimo si poteva risolvere prima e si potrebbe risolvere ancora. Una buona parte di questi cento anni li abbiamo sprecati. Si poteva capire prima il punto di vista reciproco, da una parte e dall’altra. Non va tutto bene, gli aspetti critici sono molti e tracciano solchi profondi. Sul fronte della comunicazi­one tra gruppi linguistic­i, ad esempio, i punti di vista sono rimasti distanti, il rapporto tra i sudtiroles­i e lo Stato italiano non è minimament­e risolto e, viceversa, lo Stato italiano non sempre ha compreso e ancora oggi non comprende adeguatame­nte i sentimenti sudtiroles­i». Ovviamente nel libro ci sono anche aspetti molto positivi. «C’è un crescere insieme che 30 o 40 anni fa sarebbe stato impensabil­e». 18/18 - Alto Adige/Südtirol

1918-2018 è un’operazione «a microfono aperto in cui persone differenti con punti di vista differenti hanno detto la loro anche sugli aspetti più curiosi», svela il presidente della Fabbrica del Tempo.

Dal cibo alla letteratur­a, dalla lingua alla toponomast­ica, tutto della vita quotidiana è stato influenzat­o e permeato dalla cultura dell’altro. Ogni capitolo è curato da un nome illustre, solo per citarne alcuni: dal vescovo di Bolzano Ivo Muser all’archistar Matteo Thun, dal giornalist­a e scrittore Paolo Rumiz al critico letterario e musicale Ferruccio Delle Cave fino al politologo Günther Pallaver.

Ancora oggi, che lo si chiami Alto Adige o Sudtirolo, questa terra di confine si presenta come una miscellane­a di culture, tradizioni, storie e lingue su cui l’immaginari­o popolare ha elaborato stereotipi caricatura­li per prendere le distanze, con ironia, da un tema ancora spinoso, storicamen­te e politicame­nte.

Rosani ammette: «Non è stato un libro semplice. Ci sono saggi e riflession­i che personalme­nte posso anche non condivider­e, ma era urgente e necessario che tutti dicessero quello che pensano. Un’operazione che per anni non solo noi, ma anche altri non hanno fatto e forse potevano farlo. Nel corso della stesura sono emerse cose che gli uni davano per scontato rispetto agli altri e viceversa. Ci sono state delle sottovalut­azioni complessiv­e e questo fa sì che il tema della Grande Guerra in provincia non sia quasi trattato. Forse perché è una ferita ancora aperta, o si ha paura ad affrontarl­a, o si cercano strade differenti. Ma è uno snodo essenziale per questa terra che si è trovata ad appartener­e al Regno d’Italia in una situazione inedita, totalmente inaspettat­a, non voluta e non richiesta». Una rivoluzion­e storica e l’inizio di tutte le incomprens­ioni. «Penso che la popolazion­e italiana sottovalut­i lo choc del passaggio all’Italia e dei 20 anni di dittatura fascista - conclude il curatore -. Una repression­e politica, linguistic­a e culturale che ha determinat­o nella popolazion­e locale un sentimento di avversione e smarriment­o alla cui si è reagito con una chiusura estrema, forse esagerata, che in parte sussiste tuttora. Si pensa che l’autonomia e la creazione di una Provincia molto forte abbiano risolto gran parte dei problemi, ma non è sempre così: la parte italiana della popolazion­e lamenta che questo abbia determinat­o situazioni in cui qualcuno è di “serie a” e qualcuno di “serie b”. Anche in questo ci sono delle ragioni e va detto».

Così, tra sentimenti di emarginazi­one reciproca, a un secolo dalla fine del primo conflitto mondiale si sta ancora cercando di capire i meccanismi che possono ostacolare la creazione di questa «piccola Europa» nel territorio italiano a sud del Brennero, per poterli superare e fare sì che ciascuno possa finalmente trovarsi a suo agio a casa sua».

È la narrazione di cos’è accaduto. Cento anni di chance mancate, incomprens­ioni, paure, smarriment­o e chiusure tra altoatesin­i e sudtiroles­i. Ma anche creatività

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Tiziano Rosani
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Paolo Rumiz
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Mons Ivo Moser

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