Reddito, il muro delle opposizioni
Emendamento Fugatti per armonizzare l’assegno unico con la riforma. «Autonomia a rischio»
Maurizio Fugatti ha detto no alle opposizioni che chiedevano di rivedere l’emendamento sul reddito di cittadinanza. Anche a un tentativo di mediazione fatto da Rossi in chiave pro autonomia. E così l’opposizione ha deciso di fare ostruzionismo in aula. Intanto è pronto l’emendamento per armonizzare le misure nazionale e locale.
Il reddito di cittadinanza blocca il consiglio provinciale: il presidente della Provincia Maurizio Fugatti aveva infatti presentato un emendamento alla Variazione di bilancio per alzare a 10 anni il requisito per ottenere il sostegno al reddito, ossia la quota A dell’assegno unico, così da uniformarsi al decreto di Maio. Un’idea che ha provocato la reazione delle opposizioni, che hanno presentato in totale 1473 emendamenti, di cui 939 targati Pd e gli altri di Filippo Degasperi del Movimento Cinque Stelle. «Una forzatura», per i consiglieri, inserire in una discussione sulla variazione di bilancio temi che non attengono al bilancio stesso. Su tutti quello del reddito di cittadinanza. Intanto gli uffici legali hanno preparato l’emendamento per il governo che armonizza le due misure.
Giornata convulsa, quella di ieri, in consiglio. Un tentativo di mediazione, di fronte alla valanga di emendamenti, è stato tentato da Ugo Rossi, che ha depositato un emendamento all’emendamento Fugatti. «L’autonomia come dice Kompatscher vale di più di 10 milioni. Non sono d’accordo sui 10 anni, ma in funzione difensiva, rispetto alle altre regioni ho proposto di tenere i 10 anni ma anche che in Trentino si mantenga il sistema locale il quale, al suo interno, assorbe i livelli minimi del reddito di cittadinanza, mantenendo Icef e requisiti che decidiamo noi. Per la fretta di avere i 10 anni altrimenti rischiano di perdere l’autonomia in materia di welfare».
Un tentativo di dialogo sulla misura ad hoc che rivela al contempo anche il nuovo volto del Patt, più attento a costruire un dialogo con la Lega che con i vecchi alleati. Nel pomeriggio la seduta è stata sospesa per trovare un accordo nella minoranza, ma il Pd ha detto no: «Non ci stiamo — hanno dichiarato Giorgio Tonini e Alessio Manica — ad approvare un emendamento che stabilisce il criterio dei 10 anni : figureremo così come la prima provincia a far partire il reddito di cittadinanza». E forse al partito non andava nemmeno giù l’idea che il Patt si mettesse sulla casacca la medaglia del vincitore della mediazione.
Il Pd, per ritirare gli emendamenti e evitare così l’0struzionismo, aveva chiesto lo stralcio dell’emendamento Fugatti. «Pensiamo — rifletteva Tonini — che questa materia possa essere disciplinata con una legge ad hoc in marzo, quando sarà stato convertito in legge il decreto Di Maio e avremo modo di conoscere anche come e se le due misure, nazionale e locale, si integreranno». Entrambe le vie, quella del Patt e quella del Pd, sono state bocciate da Fugatti in una riunione in tarda serata e dunque, al momento di andare in stampa, l’aula era ancora impegnata sul voto degli emendamenti.
Intanto gli uffici della Provincia hanno preparato il famoso emendamento che dovrebbe armonizzare le misure locali e nazionali. E lo hanno consegnato a Fugatti. In ballo ci sono soldi: l’assegno unico quota a vale 25 milioni, il reddito di cittadinanza, che taglia fuori stranieri e ha requisiti leggermente diversi (soglia di reddito per i single di 6.000 euro e pensionati) ne vale 10. La stima che circolava ieri infatti non è più quella di 1.500 persone escluse, ma almeno 4.500-5.000 visto che gli stranieri residenti da meno di 10 anni sarebbero circa il 40% dei beneficiari. In questo modo Piazza Dante risparmierebbe i soldi che metterebbe lo Stato più quelli che in passato metteva per dare l’assegno anche a chi risiedeva da più di 3 anni in Trentino. Un totale di 13,27 milioni. Il testo dell’emendamento che andrà a Roma prevede che il Trentino mantenga l’autonomia in materia di welfare e applica alle due misure il meccanismo che veniva applicato in passato con il Rei: prima si ottengono i soldi dallo Stato, leggi in passato Rei, oggi reddito di cittadinanza. Laddove lo Stato non arriva ci pensa la Provincia. In più, rispetto al passato, si vorrebbe introdurre un automatismo fra i due livelli così che, laddove in futuro ci fossero nuovi cambiamenti all’assegno unico non fosse necessario rinegoziarli con Roma. Piazza Dante starebbe tenendo un profilo basso su questo per strappare un accordo con il governo senza coinvolgere le altre Regioni che potrebbero in qualche modo protestare.
Altra partita quella dell’estensione dei dieci anni anche alle altre quote dell’assegno unico che riguardano il sostegno alla famiglia, l’accesso ai nidi e i disabili; Fugatti ammette: «Ci avevamo pensato, ma affrontarlo ora significava mettere troppa carne al fuoco. Politicamente però non lo abbiamo abbandonato, ci torneremo».
Intanto ieri è passato un ordine del giorno della maggioranza, criticato dalle opposizioni per la poca chiarezza con cui la Provincia si impegna, in fase di assestamento di bilancio a «ridurre o azzerare le tariffe dei nidi».
Manteniamo il nostro welfare: lo statuto vale sicuramente più di 10 milioni