Corriere del Trentino

TRA DIRITTI E CONSENSO

- Di Simone Casalini

Alternando fioretto e sciabola, le Province autonome di Trento e Bolzano hanno aggiornato il librone dei contenzios­i con lo Stato, sciogliend­o la cautela che aveva caratteriz­zato l’approccio dei primi mesi nei confronti del governo gialloverd­e. Per ora è avvenuto in modo asimmetric­o: Trento ha impugnato la delibera del Cipe sulla sempre più aggrovigli­ata questione dell’A22; Bolzano vuole costruire un perimetro giuridico intorno al suo sistema di welfare, escludendo il reddito di cittadinan­za. La convergenz­a riguarda un punto: sia Trento, dove sventola la bandiera leghista, sia Bolzano — dove il Carroccio è entrato nelle sale del potere dell’Autonomia — hanno avviato un contenzios­o contro il Movimento 5 stelle da cui dipendono entrambe le partite. Questo è un primo dato politico: il conflitto infragover­nativo si irradia sul territorio e apre nuove crepe.

Mentre il perimetro della controvers­ia sul destino dell’AutoBrenne­ro è limpido (autonomie locali e Stato si contendono la titolarità della concession­e e gli utili dal debutto del regime di proroga), il reddito di cittadinan­za sta assumendo la fisionomia di un rebus inestricab­ile.

L’autostrada è uno dei forzieri dell’Autonomia, il welfare è consenso ad ampio spettro. Qui le visioni delle due Province si sono differenzi­ate. Il Landeshaup­tmann Arno Kompatsche­r ne ha fatto una questione statutaria — con le incertezze giuridiche che segnalano i costituzio­nalisti — per difendere la competenza primaria di Palazzo Widmann sulle politiche sociali e depotenzia­re l’effetto propaganda che il Movimento 5 stelle vorrebbe comunque promuovere con la misura, anche al nord dove l’apprezzame­nto per gli ex discepoli del grillismo è fragile e contenuto. Bolzano rinuncereb­be così ad una quota dei finanziame­nti romani per preservare il suo reddito minimo di inseriment­o, erogato con una residenza di un anno (e un Isee di 9.300 euro) ma senza l’obbligo di accettare un impiego. Una soluzione che per il Carroccio rischia di tramutarsi in contraddiz­ione.

Per la Provincia di Trento la nebulosa ha lentamente preso la strada dell’armonizzaz­ione per rendere compatibil­i il «sostegno al reddito» trentino — che a differenza di quello altoatesin­o pone in capo ai percettori anche degli obblighi — e il reddito di cittadinan­za nazionale. Da un lato, si è voluto proporre nella variazione di bilancio l’innalzamen­to della residenza da tre a dieci anni (con la promessa di estensione a tutte le voci dell’assegno unico), veicolando ancora l’idea discrimina­nte del «prima i trentini» che assottigli­a la sfera dei percettori fino al 40%; dall’altro, si è definito un emendament­o al decreto in fase di conversion­e in legge che assicuri l’integrazio­ne dei due provvedime­nti. Governo permettend­o. Piazza Dante interverre­bbe per garantire la platea dei beneficiar­i non inclusa dal reddito di garanzia nazionale. Una strategia che mira a tutelare il principio delle politiche sociali come competenza primaria e a collaborar­e con il dispositiv­o economico-sociale fissato dal vicepremie­r Di Maio. La Provincia recuperere­bbe un po’ di risorse (fino a 13,3 milioni) da destinare ad altre priorità come il sostegno alla natalità.

La trama del contraddit­torio è complessa ed è offuscata anche dalle sgrammatic­ature politico-istituzion­ali e da un notevole impoverime­nto delle competenze politiche che non facilitano la composizio­ne dei problemi. In questo sottile varco gli interpreti attuali dell’Autonomia dovranno essere attenti a non farsi omologare dai processi nazionali, a non scambiare il facile consenso con le proprie prerogativ­e, in primis offrire un’ermeneutic­a autentica e inclusiva della specialità. Senza innovazion­e e responsabi­lità, l’Autonomia è destinata a diventare ordinaria.

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