Mart 2019, ecco le mostre l’arte italiana e il Giappone
Il direttore spiega l’exploit internazionale e anticipa le nuove grandi mostre
«Il museo? Dev’essere un luogo dove stare, da percepire. Una continua occasione di esperienze».
Parola di Gianfranco Maraniello, dal 2015 direttore del Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, progettato da Mario Botta, una delle più importanti realtà europee. Che ha iniziato a crescere nel 1989, con Gabriella Belli, ora a capo dei Musei Civici di Venezia. E adesso, con l’era Maraniello, ha spiccato il volo: circa 150mila visitatori consolidati ogni anno, moltissimi dal Veneto.
Direttore Maraniello, quali sono le novità 2019 al Mart?
«Centrale nella nostra attività è la promozione dell’arte italiana nel Ventesimo secolo. Ma il Mart è anche un grande museo internazionale, quindi puntiamo su tre eventi: la mostra Passione dedicata alla Fondazione Vaf, la più grande collezione in deposito al Mart, 250 opere tra cui i capolavori di Giorgio de Chirico, Renato Guttuso, Massimo Campigli e molti altri. E da museo internazionale produrremo la mostra sull’arte giapponese Ars
Nipponica, con opere provenienti da musei giapponesi raramente viste in Europa, una riflessione sulla storia della pittura del primo Novecento. Chiuderà l’anno la straordinaria collaborazione con il Guggenheim di Bilbao con cui presentiamo, a cura di Germano Celant, la più grande esposizione mai presentata in Europa sull’artista
americano Richard Artschwager. Le mostre sono naturalmente gli eventi di cui si parla di più, ma il Mart fa anche altre cose, come il focus dedicato alle collezioni: approfondimenti monografici a tema pensati per esplorare le radici dell’arte contemporanea e le nuove tendenze. Quest’anno i focus saranno sulla donazione Pablo Echaurren, su The Jumpsuite Theme e sulla collezione di Paolo Della Grazia.
E naturalmente va ricordato il prestigioso premio Vaf, che viene assegnato dalla Fondazione tedesca ad artisti italiani under 40»
A maggio si apre la Biennale d’Arte di Venezia, avete in programma sinergie?
«La Biennale di Venezia è sicuramente l’evento più importante dal punto di vista dell’arte internazionale, unisce ricerca e innovazione.
Così come Venezia è senza dubbio la capitale dell’arte. Ma la Biennale è un mondo a sé, una sinergia o una nostra partecipazione sarebbe dispersiva, non funzionerebbe. In questi ultimi anni, poi, alla Biennale di Venezia è tutto un fiorire di Fondazioni che hanno mezzi finanziari enormi, impensabili per qualsiasi museo italiano»
Qual è il futuro del Mart e i prossimi obiettivi?
«Quando sono arrivato al Mart, ho trovato un museo che doveva ancora trovare la sua identità. Oggi c’è chiarezza progettuale, la voce del Mart è forte e chiara. Un museo dalla vocazione internazionale, ma integrato nel territorio e nel paesaggio grazie anche a un’architettura di grande valore. Dal 2020 ci sarà un ulteriore cambio di passo, lavoreremo sempre più sui grandi temi. Ma penso anche al territorio, alla creazione di una vera cittadella delle arti e dei saperi, che comprenda anche musica e spettacoli, tra il parco dell’Università di Rovereto e l’auditorium Melotti»
Come dev’essere un museo per avere appeal sui visitatori? E il Mart in questo senso è stato rivoluzionario…
«Il museo dovrebbe essere sempre occasione e luogo dove fare esperienze, così come dovrebbe esserlo la scuola. Al Mart ho un team fortissimo, che ogni giorno s’inventa qualcosa per costruire una relazione con il pubblico»
Qual è la mostra che ha visto ultimamente e che l’ha più colpita?
«Senz’altro la mostra della Fondazione Prada Post Zang Tumb Tuuum, che ho visto l’anno scorso. Esplora il sistema dell’arte e della cultura in Italia tra le due guerre mondiali, rivelando il contesto spaziale, sociale, politico in cui le opere sono state create, messe in scena e vissute. Un po’ la vocazione che ha il Mart nell’approccio all’arte contemporanea e al senso delle opere d’arte».
Così si crea l’appeal Il pubblico deve trovare un luogo vivo, da percepire e frequentare, dove fare esperienze sempre nuove