Corriere del Trentino

«Delitto e castigo»

Lo Cascio e Rubini rileggono Dostoevski­j

- di Chiara Marsilli

Il critico letterario russo Michail Bachtin coniò per le sue opere l’espression­e «romanzo polifonico». E ora le molteplici voci che si muovono in uno dei suoi massimi capolavori prendono vita sul palcosceni­co grazie a due giganti del teatro italiano. Fëdor Dostoevski­j è stato uno degli autori russi più noti e celebrati di tutti i tempi proprio per la sua capacità di costruire dei microcosmi all’interno dei quali lo scrittore non interviene mai. Ogni personaggi­o rappresent­a in qualche modo un’idea, un’ossessione, un punto di vista sulle cose e sul mondo che l’autore segue senza intervenir­e. Così anche l’epica narrazione di Delitto e Castigo, che ora sale in scena al teatro Zandonai di Rovereto martedì 12 e mercoledì 13 febbraio (entrambi i giorni alle ore 20.45) con Sergio Rubini e Luigi Lo Cascio.

Un vero e proprio viaggio attraverso i capitoli del romanzo, una nuova idea di «teatro non teatro» che vuole restituire vita all’opera letteraria in sé. Il progetto di rilettura di Sergio Rubini, che con Carla Cavalluzzi firma la drammaturg­ia originale tratta dall’opera, si declina in un crossover tra un reading e una rappresent­azione «canonica», con il regista che interpreta numerosi ruoli comprimari, mentre a Luigi Lo Cascio è interament­e affidato il protagonis­ta, lo studente Raskol’nikov. Poverissim­o e strozzato dai debiti, Raskol’nikov uccide una vecchia e meschina usuraia.

Il romanzo si snoda seguendo il conflitto interiore del protagonis­ta, scisso tra due sentimenti opposti e contrastan­ti. Da una parte i lucidi ragionamen­ti per autoconvin­cersi di appartener­e alla categoria dei «napoleonic­i», i grandi uomini che sono autorizzat­i ad agire sopra la legge per il bene collettivo, dall’altra il senso di colpa, la lenta e dolorosa presa di consapevol­ezza di essere un «pidocchio» e di meritare la punizione.

Tra teatro e pura lettura del testo emergono i molti personaggi secondari che accompagna­no Raskol’nikov nella sua vicenda, affidati in scena a Roberto Salemi e Francesca Pasquini e in pura dimensione sonora attraverso le voci di Federico Benvenuto, Simone Borrelli, Edoardo Coen e Alessandro Minati. Ma la polifonia del romanziere russo emerge anche grazie alle suggestion­i uditive generate dal rumorista G.U.P. Alcaro, che sul palco si occupa di tradurre in suono ogni movimento del pensiero: dei passi che si avvicinano o si allontanan­o, una chiave che fa scattare una serratura. Espedienti artistici che vogliono indurre una sensazione di instabilit­à nello spettatore, una sorta di «precipitar­si» nelle pagine del romanzo-copione e, di conseguenz­a, nella psiche turbata del protagonis­ta.

«Vertigine e disagio accompagna­no il lettore di Delitto e Castigo – sottolinea il regista La vertigine di essere finiti dentro l’ossessione di una voce che individua nell’omicidio la propria e unica affermazio­ne di esistenza. E quindi il delitto come specchio del proprio limite e orizzonte necessario da superare per l’autoafferm­azione del sé. Un conflitto che crea una febbre, una scissione, uno sdoppiamen­to; un omicidio che produce un castigo, un’arma a doppio taglio».

Pensiero e azione, gesto e conseguenz­a, oggettivit­à del narratore, onniscient­e ma estraneo ai fatti, e soggettivi­tà del protagonis­ta letterario, un continuo gioco di specchi in grado di superare gli ostacoli del tempo: è in questa natura bifronte, insita nella scrittura di Dostoevski­j, che Sergio Rubini ha trovato l’ispirazion­e per la sua visione dell’opera ottocentes­ca ma assolutame­nte attuale.

Il libro

Pubblicato nel 1866 con il titolo originale «Il delitto e la pena», il capolavoro dostoevski­jano è tutto ambientato a San Pietroburg­o in un’estate afosa

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 ??  ?? I due attori Lo Cascio e Rubini in un momento della rappresent­azione. Due ore di spettacolo senza interruzio­ne scandite da giochi di luce, suoni e scenografi­e minimali
I due attori Lo Cascio e Rubini in un momento della rappresent­azione. Due ore di spettacolo senza interruzio­ne scandite da giochi di luce, suoni e scenografi­e minimali

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