Corriere del Trentino

L’esilio narrato dai grandi, da Kafka a Baudelaire

- G.B.

«L’esilio di Kafka e` diverso dall’esilio del migrante in terra straniera, ma entrambi vivono la condizione di chi è totalmente straniero […] Entrambi a questo punto non sono più nè qui nè altrove, ma abitano nello spazio di mezzo, proprio sulla frontiera, che aprendosi potrebbe o dovrebbe diventare una nuova patria». Si chiude su questa prospettiv­a d’incontro tra la dimensione metafisica ed esistenzia­le dell’esilio e quella che oggi ci rende testimoni di migrazioni di massa Immagini e testimonia­nze dall’esilio (Jaka Book), il nuovo saggio di Franco Rella che da giovedì (14 febbraio) sarà in libreria. Editoriali­sta del Corriere del Trentino, filosofo e saggista di Rovereto, Rella ha insegnato estetica allo Iuav di Venezia. Tra i suoi libri recenti, Il segreto di Manet (Bompiani, 2017); Le soglie dell’ombra. Riflession­i sul mistero (Mimesis, 2018); Scrivere. Autoritrat­to con figure (Jaka Book, 2018).

Professore, con questo libro torna a riflettere sui temi affrontati in «Dall’esilio». L’indagine ora però si apre anche al contempora­neo. Perchè?

«Nella prima versione l’attenzione era rivolta alla condizione esistenzia­le che è comune a tutti gli uomini, come ha scritto un esule, il poeta Iosif Brodskij: sentirsi a un certo punto proiettati in una terra straniera e confrontar­si con l’ignoto. Si tratta di qualcosa di struttural­e dell’essere umano, che ho percorso soprattutt­o attraverso dei grandi esempi letterari, da Kafka a Baudelaire, da Proust a Montale, da Flaubert a Melville».

Ora quale dimensione si aggiunge?

«Nel Castello di Kafka l’ostessa afferma che K. è totalmente straniero, dunque “non è niente” ed è “un uomo malvagio e pericoloso”. Si delinea qui la condizione del migrante di oggi, che è totalmente straniero e che la politica attuale vuole rendere ancora più straniero, abolendo, ad esempio, i corsi di lingua. Con questo libro, non potevo stravolger­e il mio discorso parlando da sociologo della condizione dei migranti. L’idea dell’esilio percorsa dai “miei autori” mi ha però permesso di capire più profondame­nte la situazione di oggi».

Non esiste un esilio senza una frontiera. Cos’è la frontiera e cosa accade in questo spazio di mezzo?

«Come scrive Achille Mbembe, la frontiera “è diventata oggi il lato notturno della democrazia, legata alla separazion­e tra un qui e un altrove”. Da questo punto di vista credo che l’esilio sia il tema della mia vita, che ha attraversa­to tutta la mia opera. Sotto la pressione delle grandi migrazioni umane, ma anche dei transiti e flussi di merci, di denaro, di informazio­ni, la frontiera oggi si fa sempre più “porosa”, fluttuante».

Parla di metropoli come luogo in cui la crisi della frontiera è più evidente. Perché?

«La metropoli è il luogo in cui l’Occidente esprime le sue più estreme tensioni. Vi si intreccian­o molte linee, si aggrovigli­ano molte storie, si trovano molti passati e si aprono molti futuri. È stata generata dal pensiero e dall’utopia illuminist­a e tecnologic­a, ma è anche ciò che la mette radicalmen­te in questione. La globalizza­zione ha reso tutto il mondo metropoli, centro e periferia».

Sentirsi proiettati in terra straniera e confrontar­si con l’ignoto è una condizione comune

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E’ uscito il nuovo libro del filosofo Franco Rella di Rovereto Copertina

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