Il «Leone d’argento» per la musica a Trento
Matteo Franceschini: «Io, artigiano delle note, scrivo ancora a mano e ho la necessità di fare disegni e schemi»
Il compositore Matteo Franceschini di Trento ha vinto il Leone d’argento 2019 per la Musica, della Biennale di Venezia. Dopo gli studi al Conservatorio Bonporti di Trento, Franceschini si è perfezionato a Milano con Alessandro Solbiati, a Roma con Azio Corghi e all’Ircam di Parigi, città dove oggi vive. Ha composto per importanti istituzioni musicali italiane ed estere e dal 2011 è edito da Casa Ricordi. La Biennale di Venezia ha motivato il Leone d’Argento così: «Dalla musica da camera e sinfonica al teatro musicale, dalla musica acustica alle esperienze più innovative in campo elettronico, il percorso di Franceschini si distingue per l’intelligenza curiosa e indagatrice, lo stile efficace e comunicativo anche nelle forme più complesse».
Un Leone d’Argento: qual è stata la prima sensazione?
«Una gioia immensa. Quando Ivan Fedele, il direttore del settore musica della Biennale, me l’ha annunciato non ci credevo, data l’importanza del riconoscimento. La motivazione mi emoziona particolarmente perché in maniera così lusinghiera sottolinea quella che è la ricerca che sto portando avanti da anni»
Come è nata la sua ricerca musicale?
«E’ nata dal mio lavoro quotidiano di compositore, che ha bisogno della stessa ginnastica fisica di un pianista perchè la ricerca non si esaurisca. Per me è fonte di soddisfazione constatare la diversità di un progetto rispetto al precedente»
Si può parlare di artigianato nella composizione?
«Assolutamente si. Io mi sento un artigiano e scrivo ancora a mano, ho la necessità di fare disegni, fissare schemi e sono sicuro che questo valga anche per molti altri colleghi compositori. Ecco, l’elemento che caratterizza la musica classica contemporanea rispetto agli altri generi è proprio l’importanza data alla pagina scritta»
Suo nonno, regalando una fisarmonica a suo padre diede il via alla grande carriera di Armando Franceschini. Qual è il più grande regalo musicale ricevuto da suo padre?
«Che bella domanda... ce ne sono stati diversi, ma il regalo più importante è stato quello di insegnarmi a fare il compositore. Ho cominciato con lui ed è stato fondamentale. Non solo mi ha permesso di varare la tecnica compositiva, ma ha fortemente contribuito alla mia visione musicale. Ed è stato sempre lui a regalarmi la prima chitarra, strumento che ha coltivato per anni il mio sogno rock, nonostante il percorso di clarinetto in Conservatorio a Trento»
Ora vive a Parigi, quale rapporto mantiene con il Trentino?
«Nel 2006 ho lasciato Trento. Ho ricordi meravigliosi della terra che mi ha formato, del percorso in Conservatorio con clarinetto, del liceo musicale e poi di Composizione. Ritorno in Trentino sempre con grandissimo piacere e i miei lavori in regione sono numerosi. Ci sono i due progetti di opera con la Fondazione Haydn, le commissioni per l’Orchestra Haydn, i progetti al Mart e alla Galleria Civica e la collaborazione con Jacopo Mazzonelli. A Parigi sto bene ma le mie radici sono a Trento e questo lo vivo quotidianamente. Un giorno mi piacerebbe tornare»
Per la consegna del premio Leone d’Argento, il 3 ottobre, Icarus e Cantus eseguiranno il songbook. Può anticiparlo?
«E’ una sorta di trittico sul quale ho cominciato a lavorare molti anni fa. È un concept album che mi permette una riflessione personale attorno al modello storico della forma canzone, molto libera e contemporanea e vicina a un rock elettronico. Strumenti classici dialogano con un quartetto rock e con l’elettronica. Io divento anche esecutore, al basso e all’elettronica»