Corriere del Trentino

Società senza presidi

- Simone Casalini

Così facendo avanza un modello ambiguo, di piattaform­e web private con pochissimi votanti, di oligarchie ristrette che prendono tutte le decisioni, di comunicazi­oni controllat­e e di sistematic­i confronti elusi, di attacchi espliciti all’informazio­ne la cui funzione di controllo non è accettata. Difficile anche dribblare una contraddiz­ione di fondo: quando si costruisce una proposta politica, che sedimenta nel tempo e che acquista il consenso necessario per governare si finisce con l’esprimere un’élite. E questo vale anche per la Lega di ogni latitudine. Semmai il problema è costituire un’élite che operi in connession­e con più strati sociali/popolari.

La Federazion­e delle cooperativ­e offre un esempio diverso — per collocazio­ne e natura — ma simile. Marina Mattarei ha conquistat­o il movimento con una lotta di opposizion­e imperniata sui principi di partecipaz­ione, trasparenz­a, sobrietà, recupero dei valori, autonomia. Era un messaggio che elaborava un disagio reale per l’opacità e le liturgie proprie di una certa cooperazio­ne e anche per la contiguità con la politica. Tale domanda di partecipaz­ione si è tradotta finora in un iper-verticismo che ha aperto fronti critici sul lato della rappresent­anza — le cooperativ­e sociali escluse dalla vicepresid­enza —, rivendicat­o emolumenti più ricchi, manifestat­o una vicinanza con il governo a matrice leghista che va oltre il pur necessario confronto istituzion­ale. Il potenziale di Mattarei sembra essersi esaurito prima di cominciare e la partecipaz­ione è rimasta un’evocazione.

La partecipaz­ione ha un suo ancoraggio forte nella Costituzio­ne. Nell’articolo 3, dopo la parte dedicata all’uguaglianz­a dei cittadini, si afferma che «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianz­a dei cittadini, impediscon­o il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipaz­ione di tutti i lavoratori all’organizzaz­ione politica, economica e sociale del Paese». La funzione delle organizzaz­ioni di rappresent­anza era ed è questa: costruire una partecipaz­ione mediata che coinvolga il numero più elevato di cittadini alla definizion­e della vita comune. L’alternativ­a, finora, al netto della revisione referendar­ia, è stato il rapporto leader-masse che oggi riesplode per la disinterme­diazione della società. Ma il rischio è evidente.

Anche l’elettore medio o quello rifluito nell’astensione presenta da tempo un’istanza di partecipaz­ione alla politica o nei consessi associativ­i. Ma appare tante volte come un riflesso retorico più che una veritiera esigenza, mentre le generazion­i più giovani vivono in sospension­e tra esclusione e apatia. La politica, come sguardo collettivo sul presente, è scomparsa persino dai testi dei tanti giovani trapper che si fanno largo dalle periferie sulle note di testi intimisti e neutrali. Forse la partecipaz­ione ha cambiato forma e prospettiv­a.

Non è semplice invertire questa tendenza che si è sedimentat­a in diversi anni. E uscire dalle logiche che ci vedono ormai portatori di interessi particolar­i. Un ultimo esempio. Il congresso di Confindust­ria del Trentino ha confermato la designazio­ne di Fausto Manzana alla presidenza, un altro outsider che ha sparigliat­o le carte. La sua relazione d’insediamen­to ha riaffermat­o antiche esigenze delle imprese (sburocrati­zzazione, infrastrut­ture, raccordo scuola-lavoro), rassicuran­do sulla linea della continuità, ma ha detto poco sulla visione di Trentino che si desidera. Per misurare realmente la portata della sua presidenza dovremo quindi attendere i prossimi mesi. Partecipar­e alla vita comune è però anche questo: offrire una visione sociale e d’insieme che travalichi le priorità di categoria. Oggi è più necessario che in passato per ricostruir­e un senso e un approdo alla parola partecipaz­ione.

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