I roseti che danno il meglio se abbandonati (e poco potati) E niente acqua sulle foglie
Vita Sackville West, scrittrice che teneva una famosa rubrica di giardinaggio sull’Observer, scriveva che mai si erano viste fioriture così rigogliose di rose in Inghilterra come durante la guerra: con gli uomini sotto le armi, i rosai erano stati abbandonati. E nell’abbandono davano il meglio di sè…
«Dobbiamo aspettare un’altra guerra per capire che i rosai vanno potati poco?» Si chiedeva Vita. Una domanda che mi sono posta anch’io, non sulla possibilità di un’altra guerra, ma sull’uso delle forbici da potare. Tengo in gran cura le forbici da giardino. Ne ho diverse, disseminate in giro, sempre a portata di mano quando non le tengo in tasca. Le faccio affilare due volte l’anno. È importante: le lame affilate non schiacciano le fibre dei rami, un maltrattamento che diventa spesso veicolo d’infezioni. Nel tempo ho imparato una cosa: a usarle solo quando è assolutamente necessario.
I rosai li poto poco in primavera, però «aggiusto» durante tutta la stagione.
Un’unica eccezione per dei rosai semirampicanti, che tengo a spalliera bassa, i rami portanti fissati in orizzontale. Taglio tutti i rami dell’anno, lasciando solo quelli portanti.
Durante l’estate ripasso, eliminando rami troppo lunghi, e quelli ormai sfioriti, senza farmene però un assillo, se non ho tempo, lascio correre. Concimo ogni tre anni, con stallatico biologico che acquisto al consorzio. Troppo azoto rischia di creare un fogliame molto rigoglioso, che diventa facile preda degli afidi, e con pochi fiori. Faccio però in modo che si formi molto pacciame sotto le piante, la terra risulta così sempre morbida e viva.
Esiste anche concime specifico per rosai, si acquista ormai ovunque. Va bene pure stallatico equino, sparso al piede del rosaio in autunno. È povero di azoto, mantiene calde le radici, umido il terreno.
I rosai non amano acqua sulle foglie, si ammalano. S’innaffiano, sempre alla base, con l’innaffiatoio - o con un impianto a goccia -, ma solo quando la siccità è prolungata. Allora si bagna con un minimo di dieci litri per pianta.
Tutti, fra quelli che amano zappettare, sono incappati in varietà di rosai che si son rivelati dei «flop»: pieni di ticchiolatura, di iodio, di ruggine, di tutte le malattie che un rosaio può raccattare. E per quanto si trattino con zolfo o rame, continuano a restare miseri. Bisogna allora avere il coraggio di sostituirli con rosai più resistenti - con una regola ferrea: dove già cresceva un rosaio, va cambiata tutta la terra a contatto con le vecchie radici.
Dai cataloghi dei vivai specializzati si scelgono le piante in autunno per la primavera successiva: li spediscono a casa in marzo. Sono da preferire piante a radice nuda, ci mettono meno tempo ad acclimatarsi e a crescere.
I segreti di coltivazione Troppo azoto rischia di creare un fogliame molto rigoglioso, facile preda degli afidi