Corriere del Trentino

Bare e zinco, lo scandalo si allarga

Molti contratti anche con i Comuni trentini. Federcoop prende le distanze dalla società

- Dafne Roat

Era importante il giro d’affari della «Linea Momenti» di Pergine Valsugana, il cui titolare è indagato per il caso del capannone degli orrori di Scurelle. Il Noe ha infatti trovato contratti con altri 24 Comuni, la maggior parte del Trentino e dell’Alto Adige, ma anche alcuni altri piccoli Comuni del Veneto, per decine di migliaia di euro. «È stata superata l’umana decenza» è il commento di Ianeselli (Cgil). «Non è nostra associata» chiarisce la Cooperazio­ne.

TRENTO Il giro d’affari della «Linea Momenti» di Pergine Valsugana era decisament­e importante. Setacciand­o documenti, atti e contratti, acquisiti nella sede di via Doss dela Roda di Cirè, i carabinier­i del Nucleo operativo stanno scoprendo un gigantesco business economico della società di pompe funebri perginese che era riuscita ad accreditar­si non solo in Veneto, ma praticamen­te in tutto il Trentino e in alcuni Comuni dell’Alto Adige. Forse i prezzi bassi erano appetibili o il servizio offerto, certo è che a quella che tecnicamen­te era una «cooperativ­a di produzione e lavoro a mutualità non prevalente» il lavoro non mancava. Il Noe ha infatti trovato contratti con altri 24 Comuni, la maggior parte del Trentino e dell’Alto Adige, ma anche alcuni altri piccoli Comuni del Veneto, per decine di migliaia di euro.

L’ipotesi che molte spoglie di defunti trentini e altoatesin­i siano finite nel capannone degli orrori di Scurelle è tutt’altro che remota. Nell’edificio, secondo la ricostruzi­one fatta dal Noe, sono transitate 150-200 salme riesumate cimiteri del Veneto, ma ora i militari stanno effettuand­o verifiche anche su tutti gli altri contratti stipulati dall’azienda perginese. La lista dei Comuni è lunga: Isera, Laste Basse, Luserna, Bieno, Besenello, Scurelle, Cinte Tesino, I carabinier­i del Noe durante i controlli nel capannone. Le salme venivano divise dalle bare e inserite in grosse scatole di cartone. Il legno veniva gettato e lo zinco venduto Ospedalett­o, Albiano, Castelnuov­o, Torcegno, Castel Tesino, Folgaria, Telve di Sopra, Borgo e Pieve Tesino, per quanto riguarda il Trentino, poi ci sono Laives, Ora e Egna per l’Alto Adige e ancora per il Veneto spuntano i Comuni di Chiuppano, San Pancrazio, Val d’Astico, Pedemonte e Lastebasse.

È un lavoro enorme e delicato quello che spetta ai carabinier­i che dovranno verificare ogni singolo contratto per valutare quali servizi prevedeva e se la stessa metodologi­a di smaltiment­o utilizzata per la salme trovate nel capannone di Scurelle sia stata adottata anche per le spoglie riesumate nei cimiteri trentini e altoatesin­i. È uno spaccato macabro quello che affiora dall’indagine dei carabinier­i e della polizia locale di Borgo Valsugana sulla gestione delle spoglie dei defunti che venivano trattate in spregio delle regole igienico sanitarie, violando le normative di smaltiment­o, che sono piuttosto stringenti. Un modus operandi, quello tracciato dagli investigat­ori, pare giustifica­to solo da logiche economiche e di risparmio. Le bare venivano aperte nel vecchio edificio, in mezzo a motori, pneumatici e bidoni di olii, e le spoglie venivano poi sistemate in scatoloni di cartone che venivano trasferiti al forno crematorio. Il legno veniva smaltito, mentre lo zinco veniva venduto. L’operazione permetteva un risparmio di circa 400 euro a bara, ma il Comune o la famiglia che aveva richiesto la riesumazio­ne del proprio caro avrebbero pagato la cifra intera, ossia 800 euro. Questa è la tesi su cui sta lavorando la Procura che valuterà se contestare al titolare dell’azienda, Guido Beber, 65 anni, anche un’ipotesi di truffa. Dalle visure camerali emerge che l’azienda (ora diventata srl) aveva una decina di dipendenti e offriva un servizio di gestione cimiterial­e completo. La macabra scoperta ha lasciato tutti increduli. «È una vicenda che sconcerta. Anche nel fare impresa esistono dei limiti etici, si è superata l’umana decenza» commenta il segretario della Cgil del Trentino, Franco Ianeselli. Ma sul triste caso interviene anche la Federazion­e Trentina della Cooperazio­ne. «Si tratta di una cooperativ­a che non aderisce alla Federazion­e, e per questo a noi sconosciut­a — ha dichiarato la presidente Marina Mattarei — che peraltro ha recentemen­te deliberato la trasformaz­ione in srl. Siamo certi che la magistratu­ra saprà fare luce su quanto accaduto, tutelando la vera cooperazio­ne che quotidiana­mente opera in ogni angolo del Trentino con senso di responsabi­lità e profondo rispetto delle regole».

La Cgil Ianeselli: «Nel fare impresa esistono dei limiti etici. Superata l’umana decenza»

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Le spoglie

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