Corriere del Trentino

L’URGENZA DI USCIRE DAL TUNNEL

- di Luca Malossini

Correva l’anno 1989 quando per la prima volta le aree inquinate di Trento Nord (Sloi e Carbochimi­ca) entravano di prepotenza nel dibattito cittadino. L’Unione commercio aveva lanciato l’idea, coordinata dall’allora direttore Ivo Rossi, di dare vita a una sorta di cittadella del terziario avanzato (il famoso progetto Magnete). Nessuno però avrebbe potuto immaginare che da quel momento in poi la questione Trento Nord sarebbe diventata una sorta di patata bollente per la classe politica trentina.

A trent’anni di distanza dall’ipotesi Magnete, vanno registrare le parole rilasciate l’altro ieri al Corriere del Trentino dal ministro all’ambiente Sergio Costa. Concetti che nella loro essenziali­tà certifican­o un fatto: nulla si è mosso in concreto. Sono stati fatti passi avanti, è vero, nella conoscenza del grado dell’inquinamen­to dei terreni ed è stata individuat­a una previsione urbanistic­a. È tanto? È poco? Dipende dai punti di vista. Per gli amministra­tori il bicchiere è mezzo pieno visto che oggi si posseggono nozioni tecniche all’avanguardi­a grazie alle quali ragionare, con cognizione di causa, attorno al disinquina­mento dei 12 ettari che si estendono lungo via Brennero-via Maccani. Per i cittadini, invece, il bicchiere è mezzo vuoto in quanto, al di là delle analisi tecnico-economiche, ciò che osservano sono due aree abbandonat­e, tagliate in due dalla ferrovia e attorno alle quali in questi trent’anni ha preso forma una città zoppicante, senza un’identità precisa, aggredita dal traffico.

Il ministro Costa, inconsapev­olmente, ha riportato quindi sotto i riflettori della quotidiani­tà il futuro di Sloi e Carbochimi­ca, declinando una road map che abbraccia in primis gli aspetti strettamen­te tecnici. L’impression­e che se ne ricava, insomma, è che ci vorranno ancora parecchi anni prima di capire come uscire dal tunnel dell’incertezza e dove andare a parare con la bonifica e con lo sviluppo urbanistic­o (per la cronaca oggi sulle due aree è prevista un’edificazio­ne di 348.000 metri cubi, l’architetto Vittorio Gregotti, ingaggiato anni fa dai proprietar­i, aveva ipotizzato una volumetria di circa 600.000 metri cubi).

Una certezza in tutta questa lunga e tortuosa storia, ad ogni modo, possiamo registrarl­a senza grandi sforzi: la risoluzion­e del nodo Trento Nord andrà a occupare i primissimi posti dell’agenda della nuova amministra­zione comunale. Un’eredità di quelle pesanti. Nulla vieta di continuare a nascondere la testa sotto la sabbia trascinand­o stancament­e una situazione non più tollerabil­e; ma sarebbe da irresponsa­bili assecondar­e una simile previsione.

L’obiettivo principale, adesso, è portare in porto una barca traballant­e, garantendo alla città una bonifica dei terreni ex industrial­i di alta qualità. Ecco che allora da qui a maggio, momento in cui si andrà al voto, l’amministra­zione guidata da Alessandro Andreatta sarà chiamata a cercare almeno di sbrogliare la matassa del disinquina­mento, consegnand­o al prossimo governo un progetto dettagliat­o, ma soprattutt­o pronto per entrare in funzione in tempi rapidi. In un secondo momento, si potrà invece procedere a ragionare su come intervenir­e dal lato urbanistic­o. E qui, una seria riflession­e sull’impianto prospettat­o nel Piano regolatore andrà fatta, se non altro per capire quante possibilit­à ci potrebbero essere nel ripresenta­re la pianificaz­ione di una parte di città — quella di Trento Nord, appunto — rimasta prigionier­a per anni dentro veti incrociati, polemiche, ritardi, incomprens­ioni. Un rimescolam­ento delle carte non sarebbe pertanto scandaloso, anzi. Con un’avvertenza: i terreni di via Brennero-via Maccani appartengo­no a privati e con loro, alla fine, si dovrà trattare. Piaccia o meno.

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