Il barone Davis e quell’infanzia tra le gang
Il campione Nba: «Ora racconto la mia storia. Stagione, attenti a Los Angeles»
Los Angeles, preparati per una delle più grandi rivalità di sempre. Baron Davis non ha dubbi nel mettere la città degli angeli tra quelle da osservare nella stagione Nba pronta a partire. «Con LeBron James e Anthony Davis da una parte e Kawhi Leonard e Paul George dall’altra, ci sono tutte le premesse perché diventi qualcosa di epico». Il Barone della Nba, ospite al Sociale, non si tira indietro nel commentare i cambiamenti avvenuti nell’ultimo anno nel dietro le quinte. «Nessuno vorrà affrontare Golden State ai playoff, quando Klay Thompson avrà recuperato dall’infortunio» commenta Davis. Nonostante l’addio di Kevin Durant, che «si è trovato nelle condizioni di scegliere per il proprio futuro e ha deciso di andare a Brooklyn».
Sul palco, invece, Davis ha ripercorso le diverse tappe della sua carriera. A partire dall’infanzia vissuta nei quartieri difficili di Los Angeles, popolato da sanguinarie guerre tra gang. «È un lato della mia persona che non si conosceva. A fine carriera, quando ho iniziato ad occuparmi anche di attività collaterali al basket, ho voluto dare l’opportunità a persone che vivono la guerra tra gang quotidianamente di raccontarle in un documentario, Crips & Blood: Made in America». Un lavoro che è stato anche candidato agli Emmy nel 2010 come miglior documentario.
Se Los Angeles rappresenta l’incipit e l’epilogo della prima carriera del due volte All Star, nel mezzo ci sono altri capitoli importanti. Il primo è ambientato a Charlotte ed inizia nel 1999, quando gli Hornets lo selezionano con la terza scelta assoluta. «Il primo anno da rookie è stato complicato, ma personalità ne ho mostrata fin dal primo momento scegliendo la maglia numero uno appartenuta ad una leggenda da quelle parti, Mugsy Bugs».
Dopo la prima convocazione nella partita delle stelle ed il trasferimento della franchigia a New Orleans, il Barone viene scambiato ai Golden State Warriors, a San Francisco. Dove firmò il capitolo più memorabile della carriera. «Eravamo in una situazione semi-disperata, tanto che coach Don Nelson aveva abbandonato l’idea di andare ai playoff». Rientrato Davis dall’infortunio, i Warriors svoltarono e acciuffarono l’ultimo pass per i playoff. Dove nel 2007, a sorpresa, eliminarono anche i favoriti Dallas Mavericks di Dirk Nowitzki. Impresa rimasta nella storia della Oracle Arena, nel vero senso della parola. In un muro del palazzetto casa degli Warriors fino allo scorso giugno, si poteva ancora trovare un buco causato da un pugno di rabbia di Nowitzki. Con tanti omaggi del Barone.