CENTROSINISTRA OLTRE I PARTITI
Tracciare una rotta inedita
Si è fatto tardi. Se è vero che il miglior momento per piantare un albero era vent’anni fa, il secondo è adesso. Questa metafora vale per la Politica, trentina e non.
Si è fatto tardi. Se è vero che il miglior momento per piantare un albero era vent’anni fa, il secondo è adesso. Questa metafora vale per la Politica, trentina e non. Urgenza e curiosità dovrebbero guidare la sfida alla stasi, che opprime, e allo spaesamento, che blocca.
Sta cambiando il mondo, imponendoci un non facile cambio di paradigma. Possiamo davvero credere che al mutare nervoso del sistemaTerra la città di Trento e il Trentino, attorno a lei, possano evitare di pensare e agire di conseguenza? Serve tracciare una rotta inedita, tenendo presente ciò che ci succede attorno.
C’è un filo rosso che unisce l’emergenza climatica e i movimenti che a essa si oppongono. Sono pezzi dello stesso scenario l’entrata in recessione della Germania, l’instabilità economica dell’Occidente e la guerra dei dazi a livello internazionale. Si parlano la confusione del quadro politico italiano ed europeo, la debolezza dei corpi intermedi, la demagogica riduzione del numero dei parlamentari e il riemergere — certo confuso, ma interessante — della proposta di voto per i sedidiradare cenni. Fanno parte di un unico grande tema irrisolto l’accidentato percorso dello ius culturae e la non volontà di affrontare i flussi migratori fuori da una dinamica regolatoria e repressiva.
Non ci possiamo permettere di prolungare il surplace — come ciclisti che scrutano le mosse dell’avversario — confondendo l’equilibrio con l’immobilismo, la prudenza con l’ignavia. Ci sono momenti che richiedono scelte decise, salti di schema che agiscano da innesco per liberare energie oggi nascoste o sprecate, offrendo loro l’ipotesi di pensare e fare insieme, lo spazio per una rinnovata coralità generativa.
Questa suggestione — contenuta in maniera quasi prepolitica nella raccolta di scritti «La Trento che vorrei» — è stata avanzata più volte negli ultimi mesi, tentando di connettere il dentro e il fuori la Politica, auspicando un’utile e vitale alleanza. Per ora hanno prevalso le tattiche sotterranee, la diffidenza nei confronti della contaminazione, la difesa a oltranza delle identità.
Si è fatto tardi e a singoli e gruppi di buona volontà rivolgo qualche domande. Utili a mio modo di vedere per la nebbia che sembra avvolgere la città e rendere più proficuo il dibattito. Domande non retoriche, che meriterebbero risposte collettive.
Trento, come città e comunità, ambisce ancora a essere laboratorio politico e amministrativo coraggioso e innovativo? Non si parte mai da zero. Il passato ha lasciato sul terreno segni (alcuni molti positivi, altri decisamente meno) di politiche che dal secondo dopoguerra hanno cambiato via via il volto della città. L’industria e l’università, i vari piani regolatori — realizzati e non —, il rapporto con la montagna e i territori circostanti, l’interlocuzione con l’istituzione provinciale. Il presente risente di ciò che è stato e dovrebbe essere — nella migliore delle ipotesi — «gravido di futuro».
Abbiamo la possibilità, date le condizioni di partenza, di incidere su ciò che sarà, di rimettere al centro della campagna elettorale che (non) ci aspetta una progettazione ambiziosa e attenta, visionaria e concreta? Non si tratta esclusivamente di uno scontro tra continuità e discontinuità, ma della consapevolezza di dovere costruire una visione urbana d’insieme, sulla quale innestare gli interventi adeguati a rispondere a bisogni e desideri specifici e puntuali.
Trento è in grado di promuovere — lavorando sulle energie che già possiede e attivandone altre, ibridando le esperienze politiche — l’emersione di processi politici capaci di emozionare e coinvolgere? È un’interrogativo questo che riguarda allo stesso modo istituzioni, partiti, associazioni, movimenti e singoli cittadini e cittadine. È il loro ruolo all’interno della società che va messo in discussione, che va ridefinito e innovato.
Esiste una comunità politica — o più d’una — pronta a mettere in gioco le proprie appartenenza e posizioni? Non sulla base di convenienze elettorali o di sempre più sfibrate culture politiche cui fare, spesso retoricamente, riferimento (i moderati? il centro? i popolari?), ma di una generosa e onesta voglia di «sciogliersi per federarsi», trovando modi e linguaggi per stare insieme, con il fine ultimo di ripoliticizzare la vita cittadina e le sue basi di convivenza democratica.
Il tema centrale è quindi quello di ri-immaginare la città in tutte le sue articolazioni, sulla base della certezza che il solo gestire l’esistente — ciò che con luci e ombre si è fatto in maniera, un po’ stanca, negli ultimi dieci anni — non garantirà una reazione adeguata agli stimoli, alle tensioni e alle opportunità del tempo che viviamo e non permetterà di varcare, come suggerisce Mauro Ceruti nel suo «Evoluzione senza fondamenti», le soglie di un’età nuova, tutta da decifrare.
Chi raccoglie la sfida? Si è fatto tardi. * Animatore di comunità e coordinatore del volume collettivo «La Trento che vorrei»
Il quesito A Trento esiste una comunità politica pronta a mettere in gioco le proprie appartenenze e ambizioni?