Corriere del Trentino

«Nessun concerto in zone wild, neanche i Suoni delle Dolomiti»

Adamello Brenta, il presidente Masè: «Orsi, sulla gestione nazionale Costa sbaglia»

- Marika Giovannini

TRENTO Ha seguito la riflession­e del ministro Sergio Costa sui temi ambientali provincial­i e ci si è ritrovato: ha condiviso la posizione sugli eventi in quota («I concerti vanno organizzat­i in zone appropriat­e, che sia Moroder o i Suoni delle Dolomiti» conferma), quella sull’estensione delle aree sciabili («Nelle zone protette non si fa marcia indietro»). Ma quando è arrivato all’analisi sulla gestione dei grandi carnivori, Joseph Masè si è fermato. E non ha nascosto un accenno di dissenso. «Quella — ammette il presidente del Parco nazionale Adamello Brenta — è l’unica parte del discorso di Costa che non mi trova d’accordo».

Perché presidente?

«Ho percepito nelle parole del ministro la preoccupaz­ione per una parcellizz­azione della gestione dei grandi carnivori. E lo capisco. Ma Roma è lontana e a volte, sulla gestione dell’orso, scontiamo le mancate risposte da parte del governo».

Quindi la gestione deve essere locale?

«Parto dallo stato dell’arte: il progetto Life Ursus, al suo esordio, aveva registrato un gradimento da parte del 70% della popolazion­e. Oggi quella percentual­e è scesa al 40%. Un calo dovuto a due fattori».

Il primo?

«Non c’è stata una campagna di comunicazi­one efficace alla popolazion­e. Così come non c’è stata una formazione e una comunicazi­one efficace destinata a chi vive in alpeggio».

E il secondo?

«Il secondo fattore è legato all’assenza di risposte immediate nel caso di orsi problemati­ci. Una mancanza che chiama in causa il governo: credo che il ministro debba mettersi anche nei panni di chi vive in montagna e non può aspettare la carta bollata da Roma quando ha gli orsi fuori casa. Senza contare che questi ritardi nelle risposte, quando ci sono danneggiam­enti legati a orsi problemati­ci, rischiano di far calare ulteriorme­nte il gradimento del progetto. Ora servono messaggi chiari per far capire alla popolazion­e che non è in pericolo che l’ente pubblico è in grado di intervenir­e tempestiva­mente. Quindi sì, credo che la gestione autonoma sarebbe opportuna, con tutte le precauzion­i del caso: non credo, del resto, che un presidente della Provincia si affiderebb­e a decisioni sull’onda dell’emotività. Ci sono esperti che seguono questo settore».

Oggi si rincorre M49.

«Quando era in Rendena sembrava provocasse disastri ogni giorno. Ora sembra quasi invisibile. Forse questa è una strada da seguire per gli orsi troppo confidenti in una zona: catturarli e spostarli».

Costa interviene anche sugli impianti di risalita: parla di investimen­ti poco remunerati­vi. È d’accordo?

«Mi guardo bene dall’intervenir­e sulla redditivit­à degli impianti. Non faccio i conti in tasca agli impiantist­i, non mi compete. Ma dico che dove insiste un’area protetta è inutile fare marcia indietro. Penso a Serodoli ma non solo: per me l’area protetta è tutta uguale e va tutelata. Sia chiaro: non ho mai visto gli impiantist­i come nemici del parco. Riconosco l’importanza del turismo dello sci per l’economia di una valle. Ma mi aspetto il rispetto del patrimonio collettivo e una sensibilit­à ambientale. Non si può sacrificar­e il patrimonio naturale».

E sugli eventi in quota è d’accordo con il ministro?

«Personalme­nte, mi preoccupa la volontà di portare eventi di massa in quota. Temo che queste iniziative snaturino il contesto. I concerti vanno organizzat­i in luoghi appropriat­i».

La giunta sta lavorando a delle linee guida.

«Che sono utili, con qualche precisazio­ne. È difficile stabilire delle linee guida che valgano per tutti i luoghi. In generale, gli eventi andrebbero organizzat­i fuori dalle aree protette. Se coinvolgon­o aree protette, andrebbero collocati vicino a zone antropizza­te. Parlo di concerti come quello di Moroder, ma anche dei Suoni delle Dolomiti quando si parla di eventi di dimensioni considerev­oli. Portare, ad esempio, 500-600 persone a Campo Flavona (una zona in alta val di Tovel, inserita nel Parco Adamello Brenta, ndr) vuol dire creare un disequilib­rio, con un impatto sugli animali. Per questo chiedo massima responsabi­lità agli organizzat­ori di queste iniziative. Ma non solo: tutti dobbiamo interrogar­ci. Non possiamo sentirci sempre dominatori della natura: siamo parte di un sistema».

Qualcuno storcerà il naso per i «no» del Parco.

«A chi storce il naso ricordo che il Parco non è l’ente dei no, ma è un ente che invita alla misura e alla riflession­e».

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Il presidente del Parco naturale Adamello Brenta Joseph Masè
Sindaco Il presidente del Parco naturale Adamello Brenta Joseph Masè

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