Ex Argentina, duello sui volumi
Udienza rinviata a novembre. Le difese chiedono l’audizione dei consulenti di parte
Battaglia sui volumi nella vicenda dell’ex Argentina, il compendio residenziale realizzato nell’olivaia arcense, ai piedi del castello, la cui legittimità è da anni al vaglio della magistratura e ora della Corte d’appello di Trento. Ieri mattina è stato sentito a lungo il perito nominato dai giudici, l’architetto Roberto Maccabruni, che ha parlato di un errore di calcolo nelle volumetrie e di circa 4.883 metri cubi in eccesso rispetto al consentito. L’udienza è stata rinviata a novembre.
TRENTO Erano già tutti pronti per la discussione, o quasi. Dopo la lunga deposizione del super perito dei giudici della Corte d’appello, l’architetto milanese Roberto Maccabruni, la Corte (composta dal presidente Luciano Spina con a latere i due colleghi Francesco Forlenza e Ettore Di Fazio) ha concesso una pausa di dieci minuti per poi iniziare la discussione. Il giorno della sentenza sembrava ormai certo, ma alcuni dei difensori hanno chiesto l’audizione dei consulenti di parte e quindi un confronto con il perito. Richiesta concessa dalla Corte, dopo una breve camera di consiglio. D’altronde la vicenda dell’ex Argentina, il compendio residenziale realizzato nell’olivaia arcense, ai piedi del castello, la cui legittimità è da anni al vaglio della magistratura, è complessa e soprattutto molto tecnica.
Ieri mattina nell’udienza che si è svolta nell’aula della Corte d’assise a piano terra del palazzo di giustizia di Trento il perito della Corte ha fissato alcuni importanti punti sui volumi dell’opera. Secondo il perito c’è un errore di calcolo e ci sono 4.883 metri cubi (la cifra è stimata in via prudenziale, ha detto l’architetto in aula) in eccesso rispetto al consentito. Gli accertamenti del 2002 da cui è partito il professionista stabilirono che la cubatura preesistente era di 21.279 metri cubi, quanto contenuto nel Piano di recupero avvallato dal consiglio comunale di Arco. Ci sarebbe stato quindi un vizio di calcolo, tesi da sempre sostenuta da Italia Nostra che si è costituita parte civile nel processo attraverso l’avvocato Nicola Stolfi. In primo grado il giudice Carlo Ancona aveva liquidato all’onlus 50.000 euro.
Il presunto errore di calcolo si riferisce in particolare alle volumetrie considerate interrate, ossia box dell’edificio A. Un altro punto cardine del braccio di ferro giudiziario, su cui ieri si è soffermato a lungo il perito, riguarda l’ex calvario, ossia il vecchio sanatorio dismesso che non è stato toccato. Ad avviso dell’architetto Maccabruni è stata disattesa la prescrizione che prevedeva una quota del 25% della cubatura da destinare al comparto alberghiero. In particolare il piano prevedeva circa 15.000 metri cubi da destinare ad edifici residenziali e altri 5.000 metri cubi circa per l’alberghiero. Trattandosi di un piano di recupero non era possibile destinare l’immobile solo a unità residenziale, ma la parte alberghiera non è mai stata realizzata. Il motivo? L’ex sanatorio andava demolito. Per il perito la “saturazione” della quota residenziale nel compendio ex Argentina ha di fatto reso impossibile l’utilizzo del compendio ex Calvario, che ha una cubatura di 3.664 metri, 1.657 in meno di quelli da destinare all’alberghiero. Un problema non da poco visto che la pianificazione impediva la possibilità di demolire l’ex Calvario, pena il divieto di riedificare.
Le difese ieri hanno incalzato il perito con numerose domande, poi hanno chiesto di sentire i consulenti di parte. Verranno ascoltati nella prossima udienza del 6 novembre, giorno in cui potrebbe arrivare la sentenza. In primo grado con l’accusa di lottizzazione abusiva erano stati condannati a un mese di reclusione e 22mila euro di ammenda, l’imprenditore rivano Roberto Miorelli, legale rappresentante della Cosmi, proprietaria dell’immobile, il fratello Gianluca, amministratore delegato della Cosmi Costruzioni, Bianca Maria Simoncelli, dirigente dell’area tecnica del Comune di Arco, i tecnici che hanno curato il progetto, Alessio Bolgan, Bruno Ferretti e Mario Zanon. Erano invece stati assolti il vicesindaco Stefano Bresciani e Tiziana Mancabelli dell’ufficio tecnico del Comune di Arco. Ma la Procura ha impugnato l’assoluzione. La delicata indagine era partita da un esposto di Italia Nostra, parte civile nel procedimento.