Frontiere e confini, storie ai margini in una società liquida
Il confine, inizio e fine al tempo stesso, è un concetto liquido in uno spazio ibrido come quello di una società, quella attuale, dove l’idea di nazione ha visto dissolvere i suoi parametri costitutivi. Simone Casalini, caporedattore del Corriere del Trentino, nel suo ultimo libro, Lo spazio ibrido. Culture, frontiere, società in transizione (Meltemi), contenente anche interviste a Claudio Magris, Hamadi Redissi e Franco Rella, ha cercato le voci di chi vive ai margini, e quelle di intellettuali e politici.
A tutti è stata data voce in modo paritario. Per restituire sostanza a un dibattito pubblico sempre più immiserito dalla propaganda elettorale. Il rischio è di non riuscire più a cogliere l’essenza della società in cui viviamo. Per questo Casalini ha raccolto storie che vanno dalla frontiera del Brennero alla Tunisia, da Mazara del Vallo a Genova.
Un libro - presentato ieri alla Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII dall’autore in dialogo con l’arcivescovo Matteo Zuppi, Mario Raffaelli, presidente di Amref e moderato dal caporedattore del Corriere di Bologna Olivio Romanini - che Zuppi ha definito «una boccata d’aria, intelligente, pieno di storia e di storie, che aiuta a capire la complessità e a non farci spaventare». Le frontiere, ha proseguito il neo-cardinale, «possono essere ponti o muri, così come se non c’è mutamento si ha lo scontro. La scelta richiede cultura e capacità di capire l’altro, perché il futuro è quello. E poi c’è una cultura mittelmediterranea, anche fra i tanti mari che compongono il Mediterraneo, che può darci il futuro».
Anche Casalini guarda avanti, non trascurando però i grandi pensatori postcoloniali, perché l’ibridazione porta a qualcosa di nuovo e non riconoscibile. Ma, citando Foucault, la verità si rispecchia nell’altro. «È una grande sfida - avverte Casalini - perché costringe tutti noi a mettere in campo forme consolidate di sapere e a rivederle di continuo per formare una nuova grammatica della società».
E se Raffaelli mette l’accento sul concetto di identità nel presente, Casalini non dimentica le periferie. Quelle che «definiamo luoghi di grande rancore e di conflitto. I nostri condomini, i parchi, le scuole, dove pure ci sono grandi esperienze di ibridazione nascosta, lontana dai riflettori, di ricomposizione sociale. Oggi non c’è più omogeneità ma un’eterogeneità di lingue, culture, religioni, che ha causato un corto circuito. È però una sfida da raccogliere, anche da parte di chi ha delle responsabilità».