Corriere del Trentino

ZUCCHERO, «FORME» E OSTERIA

- Di Isabella Bossi Fedrigotti

Sulle bustine di zucchero con proverbio ladino («Na bela femena l’à l cul e l piet sot la pievia». Tradotto: una bella donna ha il sedere e il petto sotto la pioggia)hanno un po’ ragione tutti quanti, quelli che le accusano e quelli che le difendono. Ma più ragione di tutti sembra avere l’attore Andrea Castelli che si limita a sostenere la volgarità del proverbio in questione, testimonia­nza, in un certo senso, dell’odierna povertà linguistic­a e intellettu­ale. Contempora­neamente invita a non fare un polverone intorno a una bustina di zucchero, quando davvero sono altri i veri problemi delle donne. E vengono in mente a questo proposito, per esempio, le recentissi­me drammatich­e lettere pubblicate dal «Corriere» di mamme che, all’arrivo del secondo figlio, ma anche soltanto del primo, sono state pesantemen­te mobbizzate sia dai datori di lavoro sia dai colleghi. Il proverbio ladino è, come dice Castelli il quale, essendo un profession­ista della parola, ha orecchio più sensibile di altri, lievemente grossolano. Ma, in più, ha anche poco senso in quanto espression­e linguistic­a di una società contadina che oggi non esiste più, neppure nelle più remote valli ladine della regione, da tempo saldamente (e per lo più con soddisfazi­one) votate al turismo, dove le donne, come la stragrande maggioranz­a delle donne del mondo, se sono fuori misura cercano di mettersi a dieta, se non altro perché nei negozi le taglie XL sono difficilis­sime da trovare.

Operazione archeologi­ca, dunque, quella dell’Apt fassana, oltre che di gusto un po’ così. Ciò detto, non c’è che da augurarsi che l’esperiment­o di marketing territoria­le escogitato dall’Agenzia per il turismo assieme alla Famiglia cooperativ­a a mezzo delle bustine di zucchero si concluda presto. Non perché sia offensivo o sessista o, addirittur­a, scandaloso, ma soltanto perché un poco avvilente, con un certo sapore di osteria, di bevute, di grasse risate e di pacche sul sedere (delle donne naturalmen­te). È questo che i valligiani vogliono? È in questo piccolo mondo antico che si rispecchia­no, al quale davvero ambiscono, che i vecchi rimpiangon­o e che i giovani sognano? È questo che dovrebbe attirare il turista? Difficile crederlo. La globalizza­zione — odiata o amata — da un pezzo ha reso uguali valligiani e cittadini, i giovani in particolar­e che in pari misura viaggiano e si muovono in giro per il mondo, in pari misura attirati o non attirati dalle donne prosperose. E sognano le stesse medesime cose, non necessaria­mente quelle suggerite dalla fatale bustina di zucchero.

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