Sacco promuove il Forum «Cultura, visione europea»
L’ex presidente dell’Irvapp: bene ricambio e fare sistema
TRENTO Ha annuito, Pierluigi Sacco, nel leggere il documento del Forum della cultura provinciale. «Mi è piaciuto molto, è assolutamente in linea con una visione europea dello sviluppo locale legato alla cultura e questo non capita sempre» dice Sacco, economista della cultura, professore allo Iulm di Milano e special advisor della Commissione europea. A Trento Sacco è stato direttore dell’Irvapp ed è tutt’ora consulente del Comune e membro della Fondazione Bruno Kessler.
Sacco sottolinea, in particolare, il passaggio sulla «propulsione di industrie culturali e creative». «Concepire la cultura e la creatività come industria è mettersi in linea con le politiche e le esperienze europee» dice. Insomma, l’annosa questione se e come con la cultura si possa mangiare in quel documento è affrontata a dovere. Almeno nelle intenzioni. Cultura e mercato, binomio spesso indicibile. Non per Sacco: «La parola mercato non è volgare. Anzi, alcuni settori culturali sono fatti per reggersi sul mercato, penso all’audiovisivo, quindi il cinema, o all’industria dei videogiochi nelle sue applicazioni legate ai sistemi educativi e alla formazione professionale. Oppure alla musica, all’editoria e alle piattaforme digitali. Poi ce ne sono altri che non sono redditizi sul piano economico come le arti visive, lo spettacolo dal vivo, il patrimonio artistico-museale. Tuttavia servono entrambi, occorre sia la parte di ricerca che quella più orientata al mercato. In Europa funziona così e si ragiona su un sistema unico. Solo in Italia si tende a fare confusione e a pensare che siccome alcuni comparti non sono spendibili sul mercato, allora con la cultura in generale non si possa produrre capitale».
Già, la necessità di fare sistema. Il Forum lo sottolinea ed è questo il secondo punto che Sacco apprezza: «È notevole la ricerca di una visione unitaria dell’ambito culturale. Normalmente si annovera la cultura come un mondo di tante piccole isole ognuna da coltivare per conto proprio e in maniera autoreferenziale. C’è l’isola delle arti visive, poi quella della musica, del design eccetera. Tutte separate. Invece mi piace questa idea di ragionare in termini di sistema e quindi anche sulle possibili interazioni di queste forme artistiche tra di loro. Questa visione è positiva e colpisce, perché raramente viene articolata con questa profondità da un’amministrazione pubblica».
Infine, menzione conclusiva, l’apertura alle nuove generazioni e alla creazione di nuove figure professionali, «perché — ammette Sacco — in Italia i settori culturali tendono a essere stagnanti dal punto di vista del ricambio generazionale».