Corriere del Trentino

«Iran, 40 anni di rivoluzion­e e una società molto laica» Abdolmoham­madi: «Trump ha cercato di contrastar­e l’Islam politico»

- Sara Hejazi

TRENTO Dall’11 settembre 2001 l’Islam è diventato un tema controvers­o in Europa. È una religione, ma indissolub­ilmente legata ad azioni politiche. È attuale, ma sembra portarsi addosso un’aura di arretratez­za culturale. Di Islam insomma se ne è parlato tantissimo, ma in modo totalmente sbagliato. Ci siamo chiesti: l’Islam è compatibil­e con la democrazia? Come se fosse un sistema politico. E ancora: l’Islam è compatibil­e con la modernità? Come se fosse un sistema economico. E infine, l’Islam è compatibil­e con i valori occidental­i? Come se i valori fossero fissi e immutabili nei secoli e soprattutt­o uguali per tutti quelli che vivono nel mondo. Ma la domanda che in questi quasi due decenni avremmo invece dovuto chiederci è un’altra: perché l’Islam è passato da essere un tema per pochi esperti, accademici, traduttori, teologi e filosofi, ad essere il tema di tutti, dai bar dello sport agli autobus, dai circoli di partito alle scuole? Che cosa ha trascinato proprio questa religione nel bel mezzo dello spazio pubblico? Pejman Abdolmoham­madi, studioso nato a Genova ma di origine iraniana, ricopre da poco all’università di Trento la cattedra di Storia dei Paesi islamici che era appartenut­a a Massimo Campanini, ora in pensione.

Com’è percepito l’Islam nella nostra società?

«Generalmen­te l’Islam è ridotto ad un concetto astratto. Quasi mai ci si ricorda che si tratta di un sistema misto, sotto cui confluisco­no le culture più svariate, da quella indonesian­a a quella maghrebina, da quella indiana a quella mediorient­ale: tutte queste diverse culture hanno, nel corso dei secoli, dato vita alla cosiddetta “civiltà islamica”, profondame­nte diversa a seconda dei periodi e delle aree geografich­e che prendiamo in consideraz­ione».

Quali sono gli stereotipi dominanti legati all’Islam?

L’Islam nella sua versione, piuttosto recente, legata all’ideologia politica ha creato stereotipi che tutti conosciamo: quello dell’integralis­mo, del radicalism­o del pensiero, di una certa violenza intrinseca, di un modo di vestirsi e apparire (le barbe lunghe e il burka), di essere contro la modernizza­zione. Sono stereotipi legati alla mancanza di conoscenza».

Anche sull’Islam politico si sa poco, nonostante questo rappresent­i un pezzo cruciale della Storia del Novecento.

«L’inizio del secolo scorso ha segnato la nascita di un movimento politico riferito alla religione islamica, come la Fratellanz­a musulmana egiziana ispirata da intellettu­ali del calibro di Said Qutb. Poi nel corso del secolo questi primi movimenti hanno trovato varie declinazio­ni, raggiungen­do un picco negli anni ‘60 e’70 del Novecento, con lo sviluppo di un pensiero islamico politico ancora più articolato, un miscuglio tra Islam militante e sociale, come quello del filosofo iraniano Ali Shariati e dello stesso imam Khomeini».

Da cosa erano motivati questi movimenti politici e religiosi?

«Rappresent­avano una risposta radicale a quello che era stato il dominio coloniale dell’Europa in quella zona, e in generale nel mondo, un dominio sia politico, sia economico ma soprattutt­o culturale. In questo senso, la modernizza­zione era sentita come calata dall’alto, come un corpo alieno e alienante.

E questo determinò anche l’ultima grande rivoluzion­e del Novecento — quella iraniana — che dopo fu chiamata «rivoluzion­e islamica».

«Con la rivoluzion­e iraniana l’Islam politico, che fino ad allora era praticamen­te composto da tanti movimenti diversi, si istituzion­alizzò. Fu una svolta».

In che senso?

«Ispirati dalla rivoluzion­e iraniana, nacquero importanti gruppi a formazione islamista come Hezbollah e Hamas, per i quali l’Islam non era più una religione, ma un’utopia politica che doveva essere in grado di convivere con le istituzion­i di un moderno stato nazione».

Che ne sarà dell’Islam politico nel prossimo futuro?

«Ci sono state e ci saranno diverse svolte: con le primavere arabe, che io chiamo “il risveglio islamico” i giovani sono scesi in piazza contro i sistemi politici secolari e autoritari. Attenzione: autoritari­smo e secolarism­o sono stati confusi e mescolati, divenuti un tutt’uno. Questo ha determinat­o dal 2011 al 2016, un nuovo avanzament­o dell’Islam politico, che nell’ascesa di Morsi ha avuto il suo momento più saliente, con l’appoggio del Qatar che è stato grande promotore del ritorno dell’Islam politico sulla scena. Dal 2017 però siamo di fronte a un cambio di paradigma mondiale. Sotto la dottrina Trump gli Stati Uniti, il cui obiettivo è quello di depotenzia­re l’Islam politico, hanno dato vita ad azioni politiche e militari a sostegno dei gruppi secolari e nazionalis­ti, come quello del principe saudita. Il Qatar ha perso forza nel Golfo Persico, Erdogan è stato indebolito, l’Iran è stato messo all’angolo con pressioni economiche fortissime anche se ora l’arretramen­to degli Usa in molte aree del mondo, tra cui la Siria, ha riaperto gli scenari. La sfida dunque è tra secolarizz­azione (favorita dagli Stati Uniti) e Islam politico.

Che effetto avrà questa partita sulla Repubblica islamica d’Iran che proprio quest’anno compie 40 anni?

La nostra immagine dell’Islam è ridotta ad un concetto astratto, un errore

La rivoluzion­e di Khomeini istituzion­alizzò l’Islam politico. Fu una svolta

«L’Iran è oggi un interessan­tissimo laboratori­o per uno studioso: l’Islam politico a 40 anni dalla sua istituzion­alizzazion­e ha prodotto una società civile che è, paradossal­mente, la più laica di tutto il Medio Oriente».

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Un discorso pubblico dell’attuale presidente della repubblica islamica d’Iran, Hassan Rohuani. Dietro di lui le immagini dell’ayatollah Khomeini e dell’attuale guida suprema Ali Khamenei.
Pantheon Un discorso pubblico dell’attuale presidente della repubblica islamica d’Iran, Hassan Rohuani. Dietro di lui le immagini dell’ayatollah Khomeini e dell’attuale guida suprema Ali Khamenei.

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