Giovani all’estero, i timori delle imprese L’ateneo: più i laureati che tornano
Manzana: «Non disperdere la formazione, investire sui servizi». Collini: «Ricerca, settore attrattivo»
Imprenditori e università guardano ai numeri da due prospettive diverse. Di fronte alle 3.379 persone che in base ai dati della Fondazione Migrantes hanno lasciato la regione nel 2018 per trasferirsi all’estero, il rettore Paolo Collini parla di «opportunità», il presidente di Confindustria Trento Fausto Manzana invita alla riflessione: «Si formano persone che poi se ne vanno». E se Collini ricorda che «in Trentino si perdono meno laureati di quelli che vengono attratti», per entrambi la sfida è rendere i nostri luoghi attrattivi per favorire una presenza a lungo termine: «Con un mix di ricerca e impresa».
TRENTO «È un processo naturale, una conseguenza positiva del processo di integrazione europea in cui tutti si sentono a casa, dove un tempo tutti ci si considerava stranieri». Per il rettore dell’Università di Trento Paolo Collini il tasso di mobilità, che come ha evidenziato il Rapporto sugli italiani nel mondo pubblicato dalla Fondazione Migrantes incide sul Trentino-Alto Adige per il 2,6% nel 2018 (1572 donne e 1805 uomini hanno lasciato la regione), non è da leggere con preoccupazione: «Queste sono opportunità per le persone che le colgono e che le perseguono». Una lettura parzialmente preoccupata è però quella del presidente degli Industriali trentini Fausto Manzana: «Peggio di così andava solo negli anni Cinquanta e se da una parte è giusto che i giovani vadano all’estero per fare esperienza e conoscere nuove culture — osserva l’imprenditore — sarebbe poi auspicabile un ritorno, altrimenti si spendono tanti soldi nella formazione per poi regalare ad altri le competenze».
Tema complesso
«Dalle ricerche pubblicate, compresa quella della Fondazione NordEst — continua Manzana — si evince che i giovani non si trasferiscono soltanto nei grandi Paesi come Usa e Regno Unito, ma anche nei Paesi dell’Est Europa. Forse perché anche lì, più che in Italia, vale il merito». Quindi la spinta non sembra essere soltanto economica: «Se ne vanno anche i medici perché altrove, oltre alla remunerazione, è più accessibile la prospettiva di carriera». Per il presidente di Confindustria «dobbiamo ricordare che si spende in formazione un punto di Pil per persone che poi se ne vanno via: una riflessione seria deve essere fatta».
Tanti se ne vanno ma altri dall’estero vengono in Italia, e anche in Trentino: «C’è un saldo positivo rispetto ai laureati grazie alla ricerca — ammette Manzana — e guai a noi perdere questo primato. Ma poi la difficoltà è quella di far permanere la presenza sul territorio. Da noi, a livello nazionale ma anche in Trentino, le dimensioni delle imprese sono piccole e poco attrattive», perché un giovane intraprendente sogna in grande e se può guarda a imprese grandi e affermate.
«Tra quelli che se ne vanno un terzo è laureato — osserva il presidente degli Industriali — ma perdiamo anche diplomati. E non perché non ci sia lavoro, perché c’è. Anche le nostre imprese hanno bisogno di giovani».
Saldo positivo
Diverso l’approccio al problema di Paolo Collini. «Spesso si svolgono all’estero gli ultimi anni della formazione ed è naturale che da quella posizione ci si guardi attorno, che si instaurino anche relazioni con il luogo e con le persone. La grande scommessa — sottolinea il rettore dell’ateneo trentino — non è quella di legare i giovani perché non se ne vadano via. Sarebbe sciocco e impossibile da realizzare, oltre che un danno per loro. Si tratta invece di creare luoghi che sappiano incontrare questi grandi flussi di mobilità. Oggi la scommessa è attrarre — ripete — rendere anche i nostri luoghi attrattivi per favorire una presenza a lungo termine».
«L’Italia è in deficit tra entrata e uscita di giovani laureati, ma il Trentino è a saldo positivo. Si perdono meno laureati di quelli che vengono attratti». E il tema diventa quindi l’attrattività del territorio, perché Collini non crede che i giovani vadano altrove perché qui manca il lavoro: «Non in modo strutturale e non in tutti i campi. Ci sono imprese che mi chiedono in continuazione laureati da assumere».
Le ricette
Ma come diventare attrattivi se qui non ci sono grandi aziende? «Attrae ad esempio la ricerca — spiega Collini — perché se è buona come in Trentino porta molti ricercatori». Per il presidente di Confindustria Manzana per attrarre servono «un mix di ricerca, impresa e politiche sul territorio da raffinare»: «Nel momento in cui spendo per il trasporto, per il nido gratuito, per la conciliazione lavoro famiglia che favorisce le donne, non faccio una spesa ma un investimento. Anche così si attraggono giovani lavoratori. Su questo dobbiamo riflettere, si tratta di una sfida che deve essere giocata, le nostre imprese hanno bisogno di risorse umane».