Mercalli: sul clima poca lungimiranza
Vaia, il convegno della Cgil. La voce dei lavoratori: abbiamo visto la gente piangere
Un anno dopo, è ancora vivo il ricordo di Vaia tra i lavoratori del settore boschivo. A loro ha voluto dare voce, ieri, il convegno della Cgil. «Da dieci anni in Trentino si registra un calo di personale forestale» ha spiegato Luigi Casanova, custode forestale. Ha lamentato una scarsa visione globale sul clima Luca Mercalli. Mentre Franco Ianeselli ha guardato avanti: «Il rischio è che in futuro chi se lo può permettere abiterà al fresco e l’operaio rimarrà a valle».
TRENTO «Era impossibile capire dalle telefonate che arrivavano alla centrale operativa quali fossero le emergenze maggiori ma abbiamo dato il massimo», racconta un vigile del fuoco. «Abbiamo visto persone piangere nel cogliere la portata della devastazione», ricorda l’agente della Forestale. «Gli alberi sovrapposti e intricati, era impossibile operare in sicurezza», afferma il custode forestale. «Il rumore del vento era così forte che non ci siamo nemmeno accorti degli schianti», ammette un operaio. E l’accompagnatrice di montagna confessa che «da allora ogni volta che inizia un temporale ci assale la paura».
Il ricordo di Vaia, un anno dopo, è ancora vivo. Anche tra i lavoratori del settore boschivo, tra chi vive la montagna per professione. La Cgil, nel convegno organizzato ieri — «Il Trentino dopo Vaia» — che ha visto la partecipazione straordinaria del climatologo Luca Mercalli, ha voluto dare voce proprio a loro: guardie e operai forestali, addetti alla Protezione civile, operai della filiera del legno. «Già il nostro lavoro è a forte rischio infortunio — ha sottolineato un lavoratore — ma episodi come questo non fanno che aumentarlo».
Tra i relatori, nella prima parte dedicata agli addetti del settore, anche Luigi Casanova. Esponente di spicco dell’ambientalismo trentino, è anche custode forestale: «Abbiamo iniziato ad operare fin da subito ma solo alle prime luci dell’alba, soltanto dopo che le nebbie si sono diradate ci siamo resi conto della devastazione: 9 milioni di metri cubi di alberi abbattuti dalla forza del vento». L’ambientalista non si limita al ricordo: «In Trentino da 10 anni c’è stata una progressiva diminuzione di personale forestale e un progressivo disinteresse della politica verso le foreste».
Di un disinteresse più generale nei confronti dell’ambiente, e in particolare dei cambiamenti climatici, ha parlato Luca Mercalli: «Non mi sembra che ci sia una grande attenzione a livello globale. Anche perché noi possiamo fare ben poco per ridurre la portata dei cambiamenti climatici se non c’è una visione comune che passa dai grandi Paesi come la Russia, la Cina, gli Stati Uniti. L’unica attenzione — osserva il climatologo — è quella dei milioni di giovani che in tutto il mondo, dopo le mobilitazioni di Greta Thunberg – stanno dicendo al mondo che non c’è più tempo. Giovani che andrebbero ascoltati».
Ma tornando a Vaia, Mercalli spiega che «non è possibile attribuire ai cambiamenti climatici questo fenomeno».
Si è trattato di «una tempesta che rientra nella variabilità naturale del clima, dove i cambiamenti recenti hanno dato probabilmente solo un contributo che non siamo in grado oggi di quantificare». Ma oltre i danni Vaia ha portato anche «all’aumento di senso di responsabilità verso i problemi ambientali»: «Nel Nordest è servita a creare un po’ più di interesse per un più vasto problema del cambiamento climatico globale e questo potrebbe portare frutti alle comunità locali e alla politica locale, qui dove la sensibilità è più avanzata che nel resto d’Italia, dove i danni e le vittime sono state limitate per l’investimento che negli anni è stato fatto sul fronte della Protezione civile». Ma il climatologo avverte: «Non ci si deve però limitare al rimboschimento, è necessario intervenite sull’energia e sulle politiche dei trasporti».
L’allarme per il cambiamento climatico è da alcuni attaccato come «catastrofista»: «Non sono catastrofista, e non lo può essere nemmeno il 90% della comunità scientifica internazionale che evidenzia l’innalzamento della temperatura globale già in atto. Sono realista — si difende con forza Mercalli — e mi batto per la prevenzione di un ulteriore innalzamento che in ogni caso ci sarà. Si tratta di limitare i danni perché siamo già in ritardo».
Ma cosa fare realisticamente? «Sul piano locale, in assenza di grandi concentrazioni industriali — spiega Roberto Barbiero, presidente del Tavolo provinciale sul cambiamenti climatici — possiamo concentrarci sulla riduzione dei gas serra derivanti dai trasporti e dall’uso di energia». Ma alla platea di delegati sindacali le sollecitazioni sono anche sul telelavoro «per lavorare da casa senza la necessità di spostarsi con la macchina», dando così anche a chi abita in montagna la possibilità di non dover per forza raggiungere il fondovalle.
Montagna che in previsione dell’innalzamento della temperatura sarà meta di molti: «Un fenomeno che dovrà essere gestito — afferma Franco Ianeselli, segretario generale della Cgil — perché il rischio è che chi se lo può permettere abiterà al fresco e l’operaio dovrà rimanere a valle nelle fabbriche». Fabbriche che dovranno però essere trasformate, dentro una conversione industriale green: «Questo sì è un tema sindacale che dovrà essere affrontato con il sostegno politico ed economico, immaginando un fondo affinché questa transizione non la paghino i lavoratori».
Nodi futuri Il rischio è che in futuro chi se lo può permettere abiterà al fresco e l’operaio dovrà rimanere a valle
L’affondo In Trentino da 10 anni c’è stato un calo di personale forestale. A ciò si aggiunge il disinteresse della politica
economico di Fondazione Caritro. Il presidente Mauro Bondi ha tenuto a ribadire come «i 7 milioni da noi stanziati per il 2019 sono stati assegnati, come sempre, tramite bandi, premiando il merito».
Grande attenzione si è posta sul fatto di stimolare i giovani a ritornare nel territorio trentino, tramite storie personali molto diverse tra loro. Come quella di Camilla Lunelli, direttrice della comunicazione e dei rapporti esterni delle Cantine Ferrari, tornata nella terra d’origine dopo un’esperienza in Africa o quella di Alfio Ghezzi, chef stellato con la «Locanda Margon» che al giornalista Paolo Foschini ha raccontato i motivi che lo hanno spinto ad accogliere la sfida de il ristorante del Mart di Rovereto. Oppure quella dei «Bastard Sons of Dioniso», che dopo l’esperienza ad X Factor hanno deciso di non andarsene dalla loro terra d’origine. «Qui troviamo l’ispirazione».