Corriere del Trentino

LE SFIDE APERTE DI FUGATTI

Classe dirigente, tema cruciale

- Di Simone Casalini

Poco più di un anno fa (21 ottobre) le urne stabiliron­o il termine dell’esperienza del centrosini­stra autonomist­a, poco meno di un anno fa (13 novembre) Maurizio Fugatti firmava il decreto di nomina della nuova giunta provincial­e che nasceva sull’onda dell’esondazion­e leghista. Il bilancio di un anno è quello di una stagione incompiuta — non potrebbe essere diversamen­te —, ma le cui motivazion­i sembrano per ora confermate a livello politico e di società anche sull’onda del sentiment nazionale. Le elezioni comunali saranno uno snodo essenziale di radicament­o o di sospension­e del progetto perché quella leghista è un’affermazio­ne ancora non strutturat­a, legata alla variabile passe-partout del «salvinismo» e soprattutt­o in difetto di interpreti.

Fugatti ha spalmato la sua azione su una serie di concetti oppositivi: popoloélit­e, trentini-non trentini, valli-città. In queste direttrici ha costruito la proposta politica del suo governo, prestando attenzione anche alle simbologie e finendo talvolta per imboccare la strada della contraddiz­ione. Il concetto di popolo è sfuggente, la linea di demarcazio­ne tra trentini e non spesso è labile e se la si guarda in una retrospett­iva storica emerge il pluralismo più che i tratti di una monade culturale. Il governator­e del Carroccio non ha rifiutato di relazionar­si con il sistema dei poteri e delle rappresent­anze, ma se n’è tenuto distante appena ha potuto.

Le misure più enfatizzat­e — ma non necessaria­mente più importanti — sono state accompagna­te da una forma retorica popolare che ha ricompreso culla e terza età: bus e treni gratuiti per gli over 70, costo degli abbonament­i dimezzati per gli studenti delle valli, progetti di mobilità per i disabili, contributi per l’abbattimen­to delle tariffe relative all’attività sportiva, bonus per la natalità. Alcuni di questi sono stati finanziati con i risparmi di cassa ricavati dalla cooperazio­ne internazio­nale che ha combaciato con l’azzerament­o dell’accoglienz­a diffusa dei richiedent­i asilo e i tagli alle attività per la loro inclusione, suscitando continui urti tra le differenti componenti della società.

Qualcuno ha sottolinea­to l’iniquità di alcuni provvedime­nti — come la gratuità dei servizi di trasporto pubblico per gli anziani poiché, all’interno della popolazion­e, tra i più garantiti — ma la loro resa sociale e di consenso ha un coefficien­te garantito. Del resto la Lega ha saputo interpreta­re lo spaesament­o e la disillusio­ne della globalizza­zione, rievocando rapporti ancestrali e porgendo una vicinanza politica che altri hanno negato. O hanno creduto di poter mediare attraverso le relazioni di una rappresent­anza rimasta inchiodata a quarant’anni fa.

Gli Stati generali della montagna sono stati il tentativo di promuovere una partecipaz­ione diffusa e di offrire un segnale di estroversi­one sul tema che attraversa ogni crinale storico in Trentino: la vita nelle valli. Una risposta anche alla constatazi­one allarmata dell’arcivescov­o Tisi che ha inserito la questione dello spopolamen­to e l’alleanza con i laici per salvare le comunità nel suo discorso pubblico e un terreno su cui costruire un’alleanza con la Federazion­e della cooperativ­e, poi attenuata dalla distanza di visione sui migranti. La traduzione ad oggi è legata soprattutt­o ai servizi (punti nascita, guardie mediche, negozi) perché nell’attuale governo prevale l’orientamen­to al pragmatism­o, a volte sacrifican­do la costruzion­e di visioni allargate. In fin dei conti è la cifra della Lega che si è embricata nella quotidiani­tà e attraverso una sua interpreta­zione ostile ha generato una narrazione e soprattutt­o un narratore (Salvini) capace di radicalizz­are ogni termine di confronto e di generare proselitis­mo politico.

Quello dei richiedent­i asilo e dei migranti — la relazione con l’Altro, con la differenza — rimane l’elemento fondativo dell’impalcatur­a politica dove Fugatti non ha accettato moderazion­i. Ma il cortocircu­ito è dietro l’angolo. Se sempre più trentini — come rivela la Fondazione Migrantes — sono attratti con differenti motivazion­i dalle mete estere e gli immigrati non sono considerat­i un valore, l’impianto socioecono­mico della provincia scricchiol­a. Lo ha sottolinea­to il presidente di Confindust­ria Fausto Manzana nell’ultima assemblea di Riva del Garda: le imprese hanno bisogno di manodopera e i luoghi del lavoro possono essere l’avamposto dell’inclusione, invitando la classe politica (leghista) al realismo. Alzare a dieci anni di residenza la soglia dei requisiti di accesso ad alcuni servizi (alloggi popolari, bonus natalità, eccetera), creare uno statuto di estraneità quando non di criminalit­à intorno alle figure dei viaggianti come si faceva un tempo con i folli non depone a favore dell’attrattivi­tà del territorio.

Forse Fugatti diventerà più pragmatico nel campo in cui si è dimostrato più ideologico, questo dipenderà anche dalla risoluzion­e del principale banco di prova che ha di fronte a sé: reperire, e in termini rapidi, classe dirigente. Il gazebo e la strada sono parti importanti della politica, ma il governo richiede competenze e lungimiran­za. Qualche assessorat­o è in sofferenza, nella nomina di alcuni enti (Mart, Muse, Forum per la cultura) si è optato per personalit­à esterne o per il recupero del vecchio personale politico (Sergio Divina), lo spoil system complessiv­o nella pubblica amministra­zione ha risentito dell’assenza di un organigram­ma della destra. Fisiologic­o dopo vent’anni di opposizion­e, ma non in prospettiv­a. E nella corsa verso le comunali — dove si guarda anche alla società civile, soprattutt­o nei poli urbani — il tema si pone con ancora più forza con qualcuno che sottovoce ipotizza la prospettiv­a del «beautiful loser» come male minore. In attesa di colmare il vuoto.

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