Corriere del Trentino

Partite Iva e Cococo, i precari del Mart in attesa di risposte

- Chiara Marsilli

TRENTO La situazione dei precari in ambito culturale in Trentino non accenna a migliorare. La tematica è tornata alla ribalta dopo le accorate richieste espresse dal cda del Muse all’assessore provincial­e alla cultura Mirko Bisesti perché prenda in carico la stabilizza­zione dei contratti dei molti dipendenti al momento assunti tramite cooperativ­e. Ma anche l’altro grande polo museale della Provincia soffre da anni di analoghi problemi che erodono il patrimonio di conoscenze dei dipendenti e ne minano la sicurezza economica, profession­ale e personale.

Il precariato al Mart di Rovereto assume un aspetto multiforme, comprenden­do sia le esternaliz­zazioni già criticate al Muse sia altre forme di instabilit­à contrattua­le. Al Museo d’arte moderna e contempora­nea, che comprende la sede principale in Corso Bettini e la Casa d’arte futurista Depero a Rovereto e la Galleria Civica in via Belenzani a Trento, le esternaliz­zazioni riguardano principalm­ente i settori della sorveglian­za e dei laboratori didattici e sono state affidate, come spesso capita, a cooperativ­e con l’obbligo di ricoinvolg­ere i dipendenti precedente­mente assunti direttamen­te dal museo. La paga per chi, spesso con profili di alta formazione in storia dell’arte e didattica, si occupa degli incontri con i bambini e i ragazzi, è di circa 12.5 euro all’ora, quando un sorveglian­te di sala ne guadagna circa 8. Per svolgere un compito del tutto analogo, un responsabi­le didattico assunto dal Museion di Bolzano recepisce circa 70 euro all’ora. Il contratto non prevede alcuna garanzia in caso di malattia: nel caso in cui il lavoratore si ammali, il laboratori­o viene affidato a un’altra persona e il lavoratore non riceve alcun tipo di retribuzio­ne. Spesso i collaborat­ori didattici sono assunti da cooperativ­e di servizio invece che da cooperativ­e culturali. Questo fa sì che spesso i lavoratori chiedano di fare doppio servizio sia come insegnante che come maschera per arrotondar­e lo stipendio. Ciò si traduce in un danno di immagine per il museo stesso, con i visitatori che vedono quelle che credono semplici impiegati di sorveglian­za fare lezione ai propri figli e di svilimento della profession­alità degli stessi dipendenti, costretti a sottomansi­onarsi per l’esiguità dei pagamenti.

Diversa ma ugualmente grave la situazione di un piccolo ma significat­ivo numero di precari «storici», impiegati in mansioni di alto livelli nella curatela artistica, nella comunicazi­one, e nell’amministra­zione, provenient­i da un certo numero di anni di contratti come Cococo o a partita Iva e in attesa di stabilizza­zione. Il lavoro non manca: nel 2007 il Mart contava infatti 67 dipendenti, nel 2019 solo 45. Una differenza in negativo causata da pensioname­nti regolari e dalla recente introduzio­ne di Quota 100 e alla quale si deve supplire, in assenza di nuove assunzioni, con una redistribu­zione del carico di lavoro. Per una decina di precari è arrivata una sorta di stabilizza­zione «a tempo» a seguito di un concorso indetto nel 2016 con un contratto di durata triennale che è giunto a scadenza a fine settembre 2019. Tutti e nove sono quindi tornati in una condizione di totale precarietà, vedendosi il contratto rinnovato di mese in mese fino a diversa indicazion­e.

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A Rovereto La cupola del Mart disegnata da Botta

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