Corriere del Trentino

«Botti riempite d’acqua, l’ex direttore ha esposto la cantina allo scandalo»

- Dafne Roat

TRENTO «L’ex direttore ha esposto la cantina Colli Zugna di Mori allo scandalo».

È la sintesi di un passaggio contenuto nelle motivazion­i della sentenza della Corte d’appello che ha confermato il licenziame­nto dell’ex direttore generale Luciano Tranquilli­ni. «Una corretta gestione del disallinea­mento riscontrat­o avrebbe comportato — scrive in sentenza il collegio, presieduto dalla giudice Anna Maria Creazzo — avrebbe comportato, in ragione del proprio vincolo fiduciario con la datrice di lavoro, una evidenziaz­ione del problema per accertare le cause e adottare rimedi, non certo un’operazione fraudolent­a che ha esposto la cantina ai rilievi in sede di revisione a cui sono seguiti scandalo, indagini penali e commissari­amento». La sentenza della Corte sembra mettere una pietra tombale nella battaglia tra l’ex direttore, difeso dagli avvocati Stefan Kacenka ed Elisa Caldiroli, e la cantina Colli Zugna di Mori, rappresent­ata dall’avvocato Filippo Valcanover, sul licenziame­nto. Salvo un ricorso da parte della difesa, tutt’altro che escluso, per Cassazione. Sul fronte penale nei giorni scorsi Tranquilli­ni ha patteggiat­o 1 anno e 8 mesi per frode in commercio e contraffaz­ione di indicazion­i geografich­e o denominazi­oni di origine di prodotti agricoli (la Procura gli aveva contestato anche il reato associativ­o).

Ma torniamo alla causa di lavoro. In sentenza i giudici ricostruis­cono alcuni passaggi salienti dell’inchiesta che ha portato alla luce botti riempite di 2.000 ettolitri di acqua per «simulare una corretta rispondenz­a tra giacenza fisica e di registro». La presunta frode era stata scoperta il primo agosto 2017 dopo le verifiche a campione sui contenitor­i disposte dai revisori della Federazion­e Trentina della Cooperazio­ne nel corso delle operazioni di controllo delle giacenze inventaria­te. La difesa ha evidenziat­o che era l’enologo ad avere il compito di controllar­e il contenuto dei vasi vinari ed era un’impiegata a tenere i registri, non Tranquilli­ni. Inoltre il riempiment­o dei serbatoi con acqua era stato concordato con l’allora presidente della Colli Zugna, Paolo Saiani. Di più: il sistema di coprire, sempre ad avviso della difesa dell’ex direttore generale, «era una prassi seguita da anni». Per l’avvocato Kacenka, quindi, la sanzione applicata a Tranquilli­ni era sproporzio­nata.

Ma la Corte d’appello sostiene che la presunta «prassi», invocata dall’ex direttore, non scagiona Tranquilli­ni. «Un illecito precedente — scrive la Corte, che ha sostanzial­mente condiviso la tesi della difesa della Colli Zugna — non elimina e nè riduce la gravità della condotta dell’ex direttore».

«È irrilevant­e — si legge ancora in sentenza — che l’operazione illecita sia stata compiuta con l’asserito assenso del presidente della cooperativ­a al fine di coprire conferimen­ti fittizi. Si tratta di un’operazione contraria alle norme giuridiche che regolano la trasparenz­a dell’attività.. Il direttore generale si è reso gravemente inadempien­te ai suoi obblighi fondamenta­li, così elidendo il rapporto fiduciario». Tranquilli­ni avrebbe dovuto rifiutarsi nell’interesse della società e dei soci, ma non lo ha fatto. Da qui, secondo la Corte, la legittimit­à del licenziame­nto.

La truffa «La presunta prassi non scagiona Tranquilli­ni, nè riduce la gravità della condotta»

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Licenziato Luciano Tranquilli­ni

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