Corriere del Trentino

Manuel insegna che la vita non va sprecata

- Di Paul Renner

Ci ha fatto uno scherzo Manuel. È mancato proprio alla vigilia di Halloween, in questo periodo in cui ci raccogliam­o nel ricordo dei nostri cari defunti.

Era un ragazzo tranquillo, interessat­o, generoso, troppo giovane per prendere il volo con i suoi quindici anni. Quest’estate ha preso ancora parte attiva come «Tic Tac talent» al campo estivo di «Eta Beta» presso la parrocchia di Santa Maria Assunta a Merano. Nonostante fosse in sedia a rotelle per la debolezza causata dalla malattia, ha saputo trasmetter­e forza e positività agli altri animatori e relativizz­are i problemi che il suo stato fisico gli causava.

Non si è mai lamentato, nonostante i frequenti ricoveri e i vari tentativi di terapia che pian piano lasciavano il campo alla triste verità della sua imminente dipartita. Ha avuto anche qualche gioia speciale nei suoi ultimi mesi di vita, quale quella di poter visitare il Museo della Ferrari di cui era appassiona­to, mentre a quello dell’Alfa Romeo non ci è più arrivato. Era preciso a scuola, che ha frequentat­o fino all’ultima prova di latino nell’imminenza della settimana di vacanza. Manuel riusciva a trovare il positivo anche nel negativo e per questo era benvoluto da tutti. È rimasto fino all’ultimo con il suo carattere solare, aperto e disponibil­e. La malattia lo ha fiaccato fisicament­e ma non gli ha rovinato la vita: lui è stato più forte, con il suo sorriso, con i suoi sogni, con i suoi progetti di futuro coltivati fino all’ultimo, con il pollice alzato anche nelle ultime ore di vita. «La speranza, ultima dea, fugge i sepolcri», scriveva Foscolo. Non sono d’accordo. È proprio intorno all’ultima dimora dei nostri cari che possiamo riviverne il ricordo, avvertirne la presenza discreta ma reale, riceverne influssi benefici. Si dice che una persona non muore del tutto, finché c’è qualcuno che ne coltiva il ricordo.

Credo che ricordare Manuel, insieme a tutti nostri cari che ci precedono, ci imponga di chiederci come vorremmo la nostra morte. Io la desidero preceduta da una fase di preparazio­ne, nella quale prendere commiato, ringraziar­e dei doni ricevuti da tante persone, chiedere perdono delle parole o azioni meno positive che ho espresse. Ma pensando alla morte, si deve soprattutt­o riflettere di come vivere prima dell’ultimo appuntamen­to, quali valori coltivare, come rapportars­i con il mistero che abita in noi e intorno a noi. E qui ritengo che l’opzione vincente, quella che permette di sciogliere gli ormeggi con la coscienza a posto, sia quella di coltivare l’amicizia, di essere giusti e generosi, di accettare anche il lato meno piacevole della vita.

Manuel è stato salutato da molta gente, specie giovani, nella chiesa di Maria Assunta a Merano. Pur non essendo loquace, ha lasciato tanti insegnamen­ti: correttezz­a, gioia di vivere, cordialità, accettazio­ne delle ombre della vita. Certo, l’emozione ha fatto anche scorrere fiumi di lacrime.

Ma un proverbio cinese sostiene che è proprio grazie alle lacrime se gli occhi vedono bene il cielo. Ciao, piccolo grande Manuel. Spero proprio che lassù ti diano modo di mollare la tua carrozzell­a e di poter scorrazzar­e con una di quelle Ferrari rosse che tanto ammiravi. Te ne sei andato veloce ma discreto, in punta di piedi, senza lamentarti o dare fastidio, come era nel tuo stile. Manda ora un forte abbraccio e sostegno a tanti giovani che da te possono imparare che la vita merita di essere vissuta e non sprecata, amata e non subita.

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