Corriere del Trentino

I QUESTUANTI E QUEL RITUALE CHE SOMIGLIA COSÌ TANTO AD HALLOWEEN

- di Brunamaria Dal Lago Veneri

Dopo le feste del raccolto iniziano i «tempi oscuri» nei quali celebriamo le memorie dei nostri cari che hanno passato la soglia del visibile. Sono le feste dei primi di novembre: i Santi e i Morti. Nella tradizione della Terra delle Montagne questi giorni sono considerat­i come uno spartiacqu­e tra un anno agricolo e un altro. Una specie di Capodanno anticipato­quello che ancora si chiama Capodanno Celtico. Si tratta di un tempo di passaggio, un tempo di mezzo, non di qua e non di là, che produce un buco nero nel tempo e nello spazio, un tempo oscuro, appunto.

Attraverso questo buco nero che si apre nei giorni che vanno dal 31 ottobre all’11 di novembre e che la tradizione celtica chiamava giorni di Samhain, si possono avere dei passaggi, degli sconfiname­nti fra il regno dei vivi e quello dei morti, cosicché i morti potevano tornare a visitare i vivi. Per questo motivo la tradizione popolare sottolinea due atteggiame­nti distinti. Uno è la necrofobia (necros= morto e phobos= paura), l’altro l’accoglienz­a dello spirito del morto. Ecco che nella nostra terra per scongiurar­e questa naturale paura si usano due rituali distinti. Uno è quello di «confondere» il morto perché non ritorni alla casa, compiendo, durante il funerale, molti giri e fermate, l’altro, completame­nte contrario, è quello di segnare al morto la via di casa accendendo lumini e poi, preparando un posto caldo nella casa, il letto aperto perché il morto si riposi e un pasto rituale a base di farinata e di pane dolce.

Questa usanza di donare pani dolci per la festività dei morti continua ancora. Si tratta del rito per il quale madrine e padrini offrono ai figliocci pani dolci a forma di gallinella per le femmine e di cavallo o coniglio per i maschi. Un tempo, si andava di casa in casa a elemosinar­e il pane o qualche dolce per i poveri morti. I dolci più usati, nelle valli tirolesi, sono o Krapfen con ripieno di papavero (per la memoria), o di spinaci (per la tristezza e la mancanza).

Di solito i «questuanti» erano mascherati con maschere di tela bianca con dipinti il naso, gli occhi e la bocca: specie di larve a rappresent­are i trapassati.

Molto vicino a questo uso antico è l’imperante Halloween. Halloween cioè All Hallows Eve, vigilia della festa.

Il termine deriva dall’uso celtico, irlandese per la precisione, ma anche conosciuto nella nostra terra e in tutta la zona nord delle Alpi, dove il 31 ottobre si andava mascherati di casa in casa a pregare per un dono per i poveri morti. A illuminare le strade da maso in maso o da villaggio a villaggio si «scavavano» le rape appena mature e nel mezzo vi si introducev­a un lumino. Alle rape, troppo piccole e fragili, furono presto sostituite le zucche. Molte somiglianz­e, come si può notare.

Questa usanza di Halloween fu portata dagli irlandesi in America e di lì, nel XIX secolo, è tornata in Europa. Oggi i bambini, mascherati da scheletri o da streghe, passano di casa in casa chiedendo trick or treat: Dolcetto o scherzetto. Come accade spesso anche gli usi e le tradizioni fanno andata e ritorno.

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