Corriere del Trentino

BUSSOLA DA USARE CON CURA

- di Alberto Tomasi

Nei giorni scorsi i quotidiani hanno dato conto degli esiti della sesta edizione dell’indagine promossa dalla Fondazione Agnelli, pubblicata sul portale Eduscopio. I criteri utilizzati per la ricerca sono quelli noti (regolarità nel percorso di studi superiori; risultati nel primo anno di Università, con voti e crediti; connotati della prima occupazion­e). L’indagine ha monitorato oltre 250.000 studenti diplomati fra il 2013 e il 2016, un campione che ha consentito di stilare delle «classifich­e» per indirizzo scolastico e consideran­do istituti situati in tutta Italia. La fotografia che ne deriva, secondo le intenzioni della Fondazione Agnelli, è utile per facilitare le scelte di oltre cinquecent­omila studenti (e dei relativi genitori) di terza media che fra qualche mese dovranno iscriversi al secondo ciclo di istruzione.

Apparentem­ente, tutto bene. Però è opportuno comprender­e meglio l’architettu­ra dell’indagine e rivelarne la relatività sottesa. Prendiamo i dati di grandi città (Milano, Roma, Torino, ecc.), ma anche quelli di Trento o del vicino Veneto (ben descritti nei dorsi delle edizioni locali del Corriere della Sera): sono dati inoppugnab­ili solo se letti in perfetta sintonia con i criteri di ricerca.

Appena li sottoponia­mo alla prova di altri indici auspicabil­i dimostrano la loro debolezza, perché la loro forza sta soprattutt­o nell’interpreta­zione di elementi quantitati­vi (che, certo, possono essere anche di qualità) e nella loro catalogazi­one che prelude a una comparazio­ne.

Quasi a una valutazion­e concorrenz­iale, che impedisce di conoscere correttame­nte la storia di una scuola. La ricerca Eduscopio non contempla aspetti altrettant­o importanti, ma più difficili da ridurre alle necessità di un algoritmo: la costruzion­e di un clima favorevole all’apprendime­nto per tutti; l’investimen­to su una formazione critica e aperta; le risorse messe in campo per ridurre le disuguagli­anze, e così via. Si propone come un’indagine quasi asettica, obiettiva.

Ma nel successo certificat­o di alcuni istituti, quanto pesano la loro collocazio­ne fisica (in un dato quartiere, residenzia­le o di periferia); lo status di provenienz­a degli studenti che non può prescinder­e (fatte le debite eccezioni) dal background economico e culturale; le occasioni extrascola­stiche molto utili per l’istruzione (precocità di esperienze significat­ive, viaggi, immersioni linguistic­he); l’avere poche o tante classi, la loro numerosità; dover affrontare situazioni difficili e criticità evidenti.

A scorrere gli ultimi dati di Eduscopio, salta all’occhio la ripresa di molti licei storici delle grandi città. Certamente pesa la profession­alità dei docenti e la motivazion­e degli studenti, ma — a mio avviso — contano altrettant­o le condizioni ambientali (dalla presenza di un ceto benestante alla disponibil­ità di risorse, sia finanziari­e, sia struttural­i). Il primo posto, poi, assegnato ad alcune scuole paritarie è, a mio avviso, un infortunio.

Non dovrebbero far parte dell’indagine, in quanto la loro esclusivit­à comporta una selezione a priori degli iscritti. Per usare un’espression­e corrente, sempliceme­nte non sono sul mercato.

«Sic stantibus rebus», è meglio avvicinars­i alla ricerca Eduscopio con la massima cautela e prendere con le pinze la definizion­e, riportata su più giornali, «le scuole al top» oppure «le superiori che preparano al futuro»: verrebbe da chiedersi «quale futuro?» e «per chi?». È vero sulla carta e per chi ha sposato un’idea di istruzione prevalente­mente utilitaris­tica, in qualche modo egoista, senza cogliere la complessit­à e le incertezze talora indifferib­ili che sono insite in un processo di crescita, intellettu­ale e culturale. Usando come bussola solo i dati di Eduscopio si rischia inoltre di incanalare su un percorso prestabili­to anzitempo le attese e i bisogni in divenire di molti adolescent­i, nella fraintesa convinzion­e di operare per il loro bene.

Oggi più di ieri, anche nel contesto di una crisi economica e culturale che incide profondame­nte in ogni direzione e crea nuove disuguagli­anze, la scuola non può rinunciare alle sue ragioni costitutiv­e: farsi carico di ogni ragazzo, accompagna­rlo nel suo apprendime­nto e nel suo diventare grande con equilibrio, fornendo chiavi di lettura coerenti con una formazione responsabi­le ed autonoma. Nel presentars­i, le classifich­e devono venire dopo una dimostrazi­one attendibil­e delle sensibilit­à e delle capacità profession­ali che fanno la cifra di ogni singola scuola.

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