Laboratori di bellezza per le donne in cura In Trentino sono 60 le iniziative attivate
«Posso eradicare il tumore dal corpo di una donna, ma non dalla sua testa» sosteneva il noto oncologo Umberto Veronesi. Proprio dalla consapevolezza che il tumore e le sue cure possono rivelarsi un evento particolarmente impattante sulla condizione psicologica dei pazienti, soprattutto delle donne per la perdita di capelli e i cambiamenti dell’aspetto fisico, nasce il progetto dei laboratori di bellezza, make up e cura di sé proposti in Italia dall’associazione «La forza e il sorriso Onlus».
L’associazione, che a Trento opera attraverso la collaborazione con Anvolt, a livello globale si inserisce nel programma internazionale Look good feel better, nato nel 1989 e che ad oggi ha aiutato oltre due milioni di persone del mondo. La realtà italiana in 12 anni di attività ha stretto rapporti con 57 strutture ospitanti sul territorio nazionale, con 3.500 laboratori svolti per 16.000 donne coinvolte grazie al lavoro di 500 volontari tra consulenti di bellezza e personale ospedaliero. In Trentino sono quasi 60 i laboratori attivati per circa 140 donne dai 20 agli 80 anni. «Solitamente si svolge un laboratorio al mese, ognuno con sei partecipanti — ha spiegato la presidente Anna Segatti, a sua volta in cura oncologica —. Le consulenti di bellezza non truccano le partecipanti, ma insegnano loro come prendersi cura del proprio aspetto e della propria pelle, indebolita dalla cura chemioterapica. Tredici step dalla detersione al rossetto per tornare a sentirsi bene nella propria pelle. I laboratori permettono alle pazienti di rilassarsi in un contesto sereno e non giudicante, dove la malattia è presente ma non è al centro dell’attenzione». L’iniziativa porta alla luce l’importantissimo aspetto psicologico della malattia, ancora oggi poco preso in considerazione dal percorso di cura prettamente medico. «Avremmo bisogno di maggiore considerazione e supporto da parte dei professionisti dell’Azienda sanitaria — ha dichiarato la referente locale Elisa Zeni —. Spesso sono proprio medici e infermieri a non valorizzare la nostra attività, quando invece sappiamo che una paziente che “non si vede malata” sta meglio». Per prendere parte ai laboratori o proporsi come volontario è sufficiente prendere contatto con una delle due associazioni.