Lepore: bilancio partecipato, idea esportabile
TRENTO Due milioni di euro a disposizione ogni anno. Sono frutto del taglio dei vitalizi in Trentino Alto Adige, dopo l’applicazione della riforma di Riccardo Fraccaro. Come riutilizzarli? L’ex ministro, oggi sottosegretario del premier Conte, ha detto che «sarebbe bello far decidere ai cittadini». Intesi i trentini, magari sul modello attuato a Bologna, dove il Comune dal 2017 a oggi ha destinato 4 milioni al «Bilancio partecipativo» dei «laboratori di quartiere». «Si potrebbe fare una cosa simile» ha detto Fraccaro. A Bologna l’iniziativa è promossa dall’assessore Matteo Lepore, secondo cui «il modello è esportabile, adeguandolo al contesto e fatto salvo un principio fondante».
Quale, assessore?
«Il nostro è un modello di democrazia diretta che, a differenza di altri che nascondono velleità plebiscitarie, non disarticola la mediazione sociale dei corpi intermedi. Quindi va attuato per step, per cifre non troppo elevate — escluse quindi dal codice degli appalti — e deve concentrarsi su cose realizzabili. Altrimenti è un boomerang».
Il Trentino Alto Adige può accoglierlo?
«Sì perché il vostro è un territorio con un capitale sociale molto ingente. Questa è una condizione indispensabile quando si vogliono coinvolgere i cittadini».
Come ci siete arrivati al Bilancio partecipativo?
«Siamo andati per gradi. Nel 2014 abbiamo introdotto un regolamento sulla gestione condivisa dei beni comuni, stringendo dei patti tra Comune e cittadini su aree da riqualificare e progetti di partecipazione. Dal 2014 a oggi quasi abbiamo stretto quasi 500 patti con 12 mila cittadini. Parallelamente abbiamo semplificato e ridotto i tempi degli iter burocratici. Questo combinato ha animato i quartieri. Così nel 2017 è stato introdotto il Bilancio partecipativo, la possibilità cioè dei cittadini di proporre iniziative e votarle direttamente online».
Gli attori sono i laboratori di quartiere. Come funzionano?
«Si comincia con un’assemblea in ogni quartiere a cui partecipano 400-500 persone. Lì si pubblicizza l’iniziativa, poi si fanno altre 4-5 assemblee dove si elaborano e scremano i progetti. Qui entrano in gioco i community manager, persone che lavorano per Fondazione Urbana, che abbiamo costituito con l’università per promuovere il progetto nei quartieri. Tra un’assemblea e l’altra i community manager girano il quartiere incontrando e informando i cittadini, che così possono contribuire alle proposte. Chi non riesce a partecipare fisicamente, può farlo online».
La gente partecipa?
«Eccome. In due anni hanno votato 31 mila persone e i laboratori di quartiere hanno coinvolto 6 mila persone ogni anno. Abbiamo ritorni molto interessanti anche dai giovanissimi, dato che possono votare anche i 16enni».
Avete realizzato la democrazia diretta...
«Sì che però è strutturata. Da noi non è che tutto si riduce con il voto. Prima ci sono sette mesi di percorso nel quartiere. Gli altri anni vinceva un progetto per ogni quartiere, quest’anno di più perché abbiamo raddoppiato i fondi a 2 milioni annui. Le attività prima si concentravano sulle sole riqualificazioni di aree, adesso riguardano anche progetti associativi, corsi e servizi».
"L’assessore Lepore Seguiamo la democrazia diretta ma senza velleità plebiscitarie. Resta la mediazione sociale