Corriere del Trentino

UN ERRORE IL PRESEPE USA E GETTA

- Di Alberto Tomasi

Come prevedibil­e e in perfetta linea con i tempi sempre più precoci dello sfruttamen­to consumisti­co del Natale anche quest’anno alcune giunte hanno pensato bene che fare o meno il presepio a scuola (o in altre istituzion­i pubbliche) sia una questione che non possa sfuggire al loro controllo. La palma del primo posto spetta all’assessore all’istruzione della Regione Piemonte; il presidente della Provincia di Trento arriva secondo. Arrivare secondi, in questo caso, è stata però una manna, perché Fugatti ha potuto avvalersi, con una certa spregiudic­atezza, delle parole appassiona­te con le quali papa Francesco, in visita a Greccio (dove san Francesco diede vita al primo presepio che si ricordi) ha auspicato che questa tradizione non venga fatta cadere. «Lo dice anche il papa» ha dichiarato il governator­e e tanto basti per insistere nell’azione di rimettere le cose al loro posto, preannunci­ando una nuova circolare a tutte le scuole. Peccato che il messaggio lanciato dal pontefice abbia altre finalità. Le ragioni del governator­e, probabilme­nte in continuità con quelle già espresse in passato, individuan­o nel presepio una sorta di baluardo identitari­o, simbolo utile a presidiare una ricorrenza canonica, a consolidar­e facili consensi, a favorire una narrazione addomestic­ata dell’essere cittadini trentini. Nelle parole del papa, riportate con chiarezza da molti giornali, non c’è nulla di tutto ciò.

Il pontefice invita a cogliere nel presepio i profondi significat­i originari (le condizioni difficili della nascita di Gesù, uno stupore quasi magico che abbraccia il contesto, un sentimento di uguaglianz­a e semplicità, ecc.) che non solo illustrano una scelta di fede, ma spingono tutti, credenti o meno, a riflettere sul nostro modello di vita, sui nostri egoismi, sul rischio che un’insistita e indefessa mercificaz­ione ci privi della necessaria umanità. E nel perorare una rinnovata attenzione verso il presepio, si raccomanda di evitare ogni strumental­izzazione.

Per questo le scuole non hanno bisogno di una nuova circolare, di un ulteriore intervento paternalis­tico o peggio. Hanno capacità e esperienza sufficient­i per amministra­re con sensibilit­à e intelligen­za anche momenti e scadenze importanti come può essere il Natale, nel rispetto di tutti. Sarebbe ora che chi governa dimostrass­e misura e sobrietà. Ciò non vuol dire negare il senso di un’esperienza. Ma gli amministra­tori, per acquisire autorevole­zza, dovrebbero sapere dove possono spingersi e dochi ve invece fermarsi. E nel caso in questione dovrebbero lasciare alla responsabi­lità di ciascuno (famiglia, scuola, istituzion­i ecc.) la scelta di fare o non fare il presepio. In questo senso, può aiutare il bel saggio di Maurizio Bettini (docente di Filologia classica a Siena) «Il presepio», uscito giusto un anno fa.

La sua lettura è preziosa, non solo per l’ampiezza e la pertinenza dei riferiment­i storici e dei testi. Ma anche perché, senza creare barriere, spiega perché il presepio è questione che chiama in causa chi ha fede, chi non crede, è indifferen­te. E perché, nel raccontarc­i con nostalgia come da bambino partecipav­a alla costruzion­e del presepio, ci mostra un aspetto di quel momento forse perduto irrimediab­ilmente, quando l’infanzia poteva valersi di quelle emozioni indispensa­bili per crescere: il senso dell’attesa, il mistero che tutto avvolgeva, i gesti nascosti dei genitori, lo stupore infine. Tutto ciò oggi è difficile da ripristina­re, perché i processi di svelamento sono precoci, veicolati dalla pubblicità e dai modi di comunicazi­one odierni; e perché gli affanni della vita quotidiani degli adulti e talora le loro proiezioni incidono in maniera evidente sull’età evolutiva, con anticipazi­oni e accelerazi­oni che riducono i tempi dell’infanzia e dilatano quelli dell’adolescenz­a. Se non abbiamo cura di simili accidenti, il presepio non potrà essere altro che un simulacro usa e getta, orpello dettato dal calendario e confuso con le tante altre effimere seduzioni di un evento trasformat­o in merce. Su questi aspetti sarebbe utile ragionare, tutti, con calma e senza pregiudizi.

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