Corriere del Trentino

DENTRO LA PIAZZA PER CAMBIARE

- Di Federico Zappini

Vediamoci in piazza. Non andiamocen­e subito. Un altro mondo è possibile, anzi è necessario. L’occasione di domani quindi va sfruttata per guardare al futuro.

Esattament­e venti anni fa, a Seattle, fa la sua comparsa il movimento noglobal. Nasce per segnalare i rischi della globalizza­zione che — a quel tempo — contava sostenitor­i entusiasti e acritici tanto a destra quanto a sinistra. Ecologia e migrazioni. Giustizia sociale e femminismo. Lotta alla finanziari­zzazione predatoria dell’economia e richiesta di ridemocrat­izzare la democrazia. Le questioni in campo non sono cambiate. Allora erano una profezia. Oggi possiedono l’urgenza dell’ultima spiaggia.

A quella prima onda seguirono il luglio feroce (di desiderio e repression­e) di Genova e il corto circuito dell’11 settembre, generatore dell’etichetta menzoniera dello scontro di civiltà. Da lì ci si è mossi scompostam­ente conoscendo le conseguenz­e della crisi globale del 2008, ancora qui a testimonia­rci la sua non transitori­età. Quella appena conclusa è la necessaria premessa per arrivare al tempo presente e abbozzare un commento alle recenti mobilitazi­oni di piazza, italiane e non. Si protesta a Hong Kong, in Iran, Iraq e Libano, in vari paesi del Sud America. Si scende ancora in piazza anche in Occidente. In Catalogna per l’autonomia dallo Stato spagnolo. In Gran Bretagna contro la Brexit. In Francia con l’emersione dei Gillet Jaunes. Le manifestaz­ioni dei Fridays for Future sono da qualche mese una costante così come quelle a sostegno dei diritti delle donne, in forma di scioperi e cortei. La piazza torna a essere centrale, luogo deputato all’incontro e alla presa di parola. A questi bisogni minimi rispondono gli appuntamen­ti che propongono anche le Sardine. Trovarsi, riconoscer­si e dialogare sono le azioni che permettono di agire politicame­nte. Fa bene quindi Marco Revelli a sottolinea­re l’«innocenza» delle Sardine, capaci di aggregare attorno a «passione nell’aiutare gli altri, l’amore per l’ascolto, la creatività, la nonviolenz­a, la bellezza e la sobrietà del linguaggio». Allo stesso modo colpisce nel segno Ilda Curti quando segnala che serve la «generosità dei fratelli maggiori, degli arrivati tardi» rispetto alle grandi fasi politiche della storia. Generosità orientata all’aiuto per «ricostruir­e un campo, quello della politica, che gli (ci) è stato sottratto». E ancora hanno ragione Tomaso Montanari e Simone Casalini quando si interrogan­o su caratteris­tiche e destino dei fenomeni sociali in questione. Il primo segnalando che oltre ai sintomi (Salvini e il suo modo di comunicare, l’odio e il rancore generalizz­ati) dovremmo essere in grado di farci carico delle cause profonde — ne più ne meno quelle che i no-global indicavano — del contesto che abitiamo. Il secondo chiedendos­i come le spinte dal basso di cittadini e cittadine possano interagire con la crisi della politica rappresent­ativa, giunta al suo ennesimo triste tornante.

Porre sul tavolo simili interrogat­ivi significa riconoscer­e l’importanza di queste alleanze tra diversi, di scintille vitali nel mezzo di un tempo tanto confuso. Significa anche condivider­e la consapevol­ezza — ben descritta dalle tre autrici del libro Femminismo per il 99% (edito da Laterza) — che l’azione da mettere in campo deve «essere all’altezza della crisi attuale» e che «questa è una crisi che il capitalism­o nel migliore dei casi può delocalizz­are, ma che non può risolvere. Una vera rivoluzion­e della crisi richiedere­bbe una forma di organizzaz­ione sociale completame­nte nuova». Serve quindi una curiosa reciprocit­à e disponibil­ità al confronto. Ricerca di un più profondo sincretism­o, oltre i valori generali e dentro la specificit­à di paradigmi inediti da rendere condivisi e praticabil­i. Propension­e a sfidarsi, alzando l’asticella degli obiettivi, oltre la difesa non più sufficient­e dello status quo. Solo così le piazze che intendiamo riempire potranno essere il luogo per un’adeguata rappresent­azione e diventano pungolo per dare forma a laboratori innovativi di lavoro politico.

Ognuno metta a disposizio­ne ciò che ha — senza paura o gelosia — cercando di contaminar­e e farsi contaminar­e da ciò che lo circonda. Ognuno porti il proprio contributo alla definizion­e di piani ambiziosi. Ognuno «perda» tempo e condivida energie, riconoscen­do il bisogno di cooperare fuori dalle zone protette delle identità. Un discorso di questo tipo vale tanto a livello nazionale (con molte più difficoltà...) che a livello locale — ad esempio per le prossime elezioni comunali a Trento — dove esperiment­i di alleanze comunitari­e, a fianco e in relazione a quelle partitiche, non saranno solo utili ma decisive. Un altro mondo non solo è possibile. È necessario. Ci vediamo in piazza. Non andiamocen­e subito.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy