Corriere del Trentino

ENZO PETTENI, LA VITTIMA DIMENTICAT­A

È uno degli 85 morti della strage di Bologna Era originario di Malè, dove i genitori gestivano il cinema, ma viveva a Ferrara da due anni Fu travolto con un amico

- Tommaso Di Giannanton­io

Oggi, come allora, snodo ferroviari­o d’Italia, la stazione di Bologna continua a serbare un vuoto in seno al suo cuore. Uno squarcio costruito nella parete della sala d’aspetto per ricordare a tutti la strage del 2 agosto 1980. Quel giorno, alle 10.25, quando il cuore della stazione palpitava di vacanzieri e pendolari, una bomba spezzò la vita di 85 persone e ne ferì oltre 200, lasciando frammenti di dolore nell’esistenza di migliaia di familiari. Proprio la scorsa settimana è stato chiesto l’ergastolo per l’ex militante dei Nuclei armati rivoluzion­ari, Gilberto Cavallini. Tra le vittime della strage di Bologna c’era anche Vincenzo Petteni, nato e vissuto fino ai vent’anni in val di Sole, tra la gente di Malè, per poi lasciare il Trentino e trasferirs­i a Ferrara per lavoro. Una vittima un po’ smarrita nella memoria collettiva trentina anche se il cimitero di Malè lo ricordano con un’epigrafe proprio all’ingresso e il Comune depone ogni anno dei fiori.

Da un paio di anni Enzo — come veniva chiamato in famiglia e dagli amici — aveva cambiato profession­e: inizialmen­te a Ferrara aveva gestito un albergo in società con alcuni suoi cugini, ma dopo qualche anno aveva deciso di aprire un’impresa individual­e come venditore ambulante di accessori per l’abbigliame­nto. Quella mattina del 2 agosto 1980 si trovava alla stazione di Bologna con un suo amico, Mirco Castellaro, per dare inizio ad un breve periodo di vacanza dopo due anni di duro lavoro con il suo furgoncino. Non avendo trovato posto in aereo decisero di prendere il treno per arrivare a Palermo, dove il suo compagno di viaggio — che aveva conosciuto nella città estense — aveva appena comprato una barca con la prospettiv­a di avviare un’attività turistica. Il progetto era quello di sistemare il natante ormeggiato in Sicilia e di fare alcuni piccoli viaggi di rodaggio fino alle coste della Tunisia. Ma lo scoppio della bomba nella sala d’aspetto frantumò i sogni di quell’estate: Mirco morì sul colpo, mentre Enzo — sposato

L’epigrafe all’ingresso del cimitero di Malè che ricorda Enzo Petteni morto a 34 anni e con un figlio — rimase gravemente ferito e fu trasportat­o al policlinic­o Sant’Orsola, dove fu ricoverato in rianimazio­ne.

«Quando mi è arrivata la notizia ero al lavoro — ricorda con la stessa commozione di allora la sorella di Vincenzo Petteni, Franca, che all’epoca si era già trasferita a Vicenza — Ho preso subito la macchina e senza fare la valigia insieme a mio marito sono andata a Bologna. C’era un cielo di color sabbia e un silenzio per tutta la città che sembrava di essere in un’atmosfera apocalitti­ca».

Da quel momento in poi due lunghissim­e e angosciose settimane, tra momenti bui e spiragli di luce che provenivan­o dai bollettini medici. «Siamo stati davanti alle porte dell’ospedale giorno e notte dentro la macchina — racconta Franca Petteni — Poi il Comune ha dato a tutti i familiari una sistemazio­ne temporanea in vari alberghi della città e, insieme a mia madre, non mi sono più mossa da Bologna. Mi ricordo che Enzo ci chiese cosa fosse accaduto: io volevo dirgli che era stato un terremoto, ma qualcuno gli disse la storia della bomba». In un primo momento sembrava che le sue condizioni fossero migliorate, ma oltre alle fratture agli arti, le macerie avevano massacrato anche gli organi interni e così dopo quattordic­i giorni morì per una sopraggiun­ta infezione polmonare. Sul letto dell’ospedale festeggiò anche il suo trentaquat­tresimo compleanno. «Aveva compiuto gli anni il giorno dopo che era stato portato al Sant’Orsola, il 3 agosto — riprende il racconto la sorella, con la voce incrinata dall’emozione — Quando gli feci gli auguri, da dietro un vetro, si mise a ridere e mi disse “che bel compleanno all’ospedale eh”. Poco prima di morire, invece, mi disse di andarmene perché non ce la faceva più dal dolore. Da quel giorno i nostri genitori morirono dentro».

La notizia non impiegò molto tempo ad arrivare nella piazza Giuseppe Garibaldi di Malè, dove, a pochi passi dal parco, si ergeva il palazzo del cinema gestito dalla famiglia Petteni. Al piano terra, una volta varcata la soglia d’ingresso, una scalinata centrale fiancheggi­ata da due lastre di marmo — corrimano per gli adulti e scivolo per i più piccoli — introducev­a gli abitanti della val di Sole al grande schermo e regalava ai giovani innamorati un posto per appartarsi sulla piccola loggia sopra la platea. «Noi abitavamo all’ultimo piano del palazzo — racconta — Ci conoscevan­o tutti perché il cinema era uno dei pochi luoghi di svago a Malè. È stato un periodo bellissimo. Era un paese tranquillo, ci si conosceva tutti e ci si aiutava molto di più tra le persone. Non ci torno più perché altrimenti mi verrebbe troppa malinconia».

Nel paesino della val di Sole Enzo aveva vissuto l’infanzia e tutta l’adolescenz­a insieme ai suoi genitori e alle sue sorelle Franca, Giusy e Giovanna, per poi andarsene da casa all’età di ventitré anni. «Prima di stabilirsi a Ferrara era stato a Milano a lavorare come odontotecn­ico, poi in Alto Adige e infine ha passato un anno in Friuli per il servizio militare — ricorda — Enzo era una persona buona e genuina. Si fidava sempre di tutti e nonostante avesse vissuto poco tempo a casa, visto che da piccolo aveva studiato anche al collegio, siamo sempre stati molti affiatati tra di noi».

Quel legame fraterno poté essere spezzato soltanto dalla bomba alla stazione di Bologna, per cui sono stati condannati come esecutori materiali alcuni militanti di estrema destra appartenen­ti ai Nuclei armati rivoluzion­ari (Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini) e per i numerosi depistaggi il «maestro venerabile» della loggia massonica P2 Licio Gelli ed esponenti dei servizi segreti deviati. Con l’accusa di concorso in strage è stato chiesto ora l’ergastolo per un altro membro dei Nar, Gilberto Cavallini.

«La giustizia non mi cambia niente: il dolore rimane inciso dentro e non si cancella più — sussurra Franca Petteni — Fortunatam­ente subito dopo la morte di Enzo arrivò una bella notizia. Da 13 anni non riuscivo ad avere figli, poi a novembre dello stesso anno ho scoperto di essere incinta. Non volevamo dargli lo stesso nome di mio fratello, ma abbiamo deciso di chiamarlo Lorenzo, che un po’ gli assomiglia e che lo contiene». Tuttora, inoltre, affinché il vuoto in seno al cuore della stazione di Bologna continui ad essere materia storica, è affissa un’epigrafe all’entrata del cimitero di Malè «a memoria del concittadi­no Enzo Petteni, di anni 34, vittima della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980».

La sorella Franca

Vivevo già a Vicenza quando venni avvisata. Lottò per due settimane, il 3 agosto era il suo compleanno. Mi disse: “Bel modo di festeggiar­e, eh?”. Morì per un’infezione

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Val di Sole
 ??  ?? 2 agosto 1980
A destra la stazione di Bologna sventrata dall’esplosione che causò 85 vittime.
2 agosto 1980 A destra la stazione di Bologna sventrata dall’esplosione che causò 85 vittime.
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