Via Manci, cappella del Simonino in vendita per un milione di euro
Difficile la collocazione dell’ex sinagoga: il no della comunità ebraica, di Provincia e Comune
In vendita a un milione di euro la Cappella del Simonino di Palazzo Salvadori, l’edificio cinquecentesco di via Manci, un tempo sinagoga, poi luogo di culto del Simonino, bambino rapito e torturato dagli ebrei nel 1475 secondo false ricostruzioni di cui fu accusata la comunità ebraica trentina, per questo perseguitata e dispersa. Ma la vendita dello spazio di 200 metri quadrati non è semplice. Comune e Provincia non ne vogliono sapere.
Sono tre i luoghi a
TRENTO Trento dedicati al Simonino, il bambino morto a tre anni nel 1475 e protagonista di una storia particolare e controversa. La Chiesa cattolica lo ha venerato come beato fino al 1965 per la sua storia, infondata, di infante rapito e poi ucciso per rituali dagli ebrei che vivevano a Trento.
Uno dei luoghi si trova nella Chiesa di San Pietro, nell’omonima via dove era conservato il corpo di Simonino. L’altro, nella cappella sconsacrata e patrimonio del Fai (Fondo ambiente italiano) nel Palazzo Bortolazzi-Larcher Fogazzaro di via del Simonino, a pochi passi dalla chiesa di San Pietro, utilizzato per anni come asta privata e oggi a disposizione di studenti e turisti come «aula didattica». Partendo dalla storia del Simonino si affrontano i temi della convivenza civile, della tolleranza, del rispetto dell’altro. L’ultimo, nella vicina via Manci, all’interno del cinquecentesco Palazzo Salvadori, dove sorgeva l’antica sinagoga ebraica. Questa cappella, sconsacrata, che per un periodo ha ospitato un negozio di antiquariato, è in vendita a un milione di euro dalla Hypo Vorarlberg Italia di Bolzano, società immobiliare del gruppo bancario austriaco che da una decina di anni (acquistò il bene nel 2008 per 1,5 milioni di euro) cerca di vendere un immobile non facile. Per la sua storia. E per la sua struttura: 200 metri quadri di spazio, per lo più al piano terra con la cappella affrescata del Simonino martire e poi beato, e l’altare. E poi un’area più piccola, al primo piano — realizzata recentemente grazie ad una scala a chiocciola — dove si trova un corridoio con accessori ancora esistenti utilizzati quando fungeva da sinagoga.
Proprio per la sua storia controversa, prima di luogo di culto degli ebrei e poi di una sorta di maledizione per loro, la cappella non ha trovato l’interesse della comunità ebraica di Merano, né tantomeno di quella di Roma, alle quali la responsabile della vendita dell’antico immobile in pieno centro storico, Brigitte Perathoner, si era rivolta. «Nessuno ha mai risposto — spiega — e la Provincia e il Comune di Trento, in passato, non si sono fatti avanti con il diritto di prelazione per scarsità di risorse. Nonostante i lavori di manutenzione, se resta a lungo inutilizzato, rischia di deteriorarsi e sarebbe un peccato». E tra le ipotesi di attività avanza quella di un’asta privata o di una libreria apposita, dedicata magari proprio al Simonino. Chissà.
Di sicuro, per ora restano la vendita della cappella, realizzata nel 1515, in passato sinagoga con ancora al suo interno il matroneo del tempio di culto ashkenazita e i dipinti di Carl Henrici del 1770. E la storia successiva, quella del Simonino, morto a tre anni durante la Pasqua del 1475, venerato come beato dalla Chiesa cattolica che lo considerava martire per le persecuzioni subite dalle comunità ebraiche. Accuse infondate e figlie dell’antisemitismo diffuso soprattutto in Europa centrale. Ora l’edificio attende di uscire dal limbo.