Corriere del Trentino

Anarchici, revocati i domiciliar­i Il gip ordina l’obbligo di dimora

Liberi i 4 dissidenti, ma non potranno lasciare il proprio comune. Riesame, udienza cancellata

- Dafne Roat

TRENTO Sono tornati liberi, o meglio, non completame­nte. Non potranno uscire dal proprio comune di residenza, misura decisament­e più blanda rispetto agli arresti domiciliar­i.

La decisione è stata presa dal gip Enrico Borrelli su richiesta degli stessi pm Davide Ognibene e Pasquale Profiti alla luce della sentenza di venerdì scorso che ha fatto scricchiol­are l’impianto accusatori­o. La contestazi­one più pesante, quella di associazio­ne con finalità eversive o terroristi­che, è infatti caduta e sono stati riconosciu­ti due dei sei attentati contestati. Un quadro che, al di là della possibile impugnazio­ne da parte dei sostituti procurator­i (appare scontata), ha spinto la Procura a chiedere la modifica della misura cautelare. Giulio Berdusco era tornato in libertà già venerdì subito dopo la sentenza di assoluzion­e del gup Borrelli, mentre Luca Dolce è l’unico che rimane in carcere, in quanto già detenuto per altri reati. Tutti gli altri compagni, Roberto Bottamedi, Agnese Trentin, Andrea Parolari e Nicola Briganti erano ancora agli arresti domiciliar­i, almeno fino a lunedì. Ora non sono più detenuti, ma non potranno muoversi liberament­e. Resta la prescrizio­ne che vieta loro di lasciare il proprio comune di residenza e l’abitazione dalle ore 22 alle 6.30 del mattino. Bottamedi dovrà restare ad Andalo, Briganti nel comune di Volterra, Parolari a Rovereto e Trentin nel comune di Loria, in provincia di Treviso. Per Marie Antonia Sacha Beranek cambia poco perché aveva già l’obbligo di dimora, prima ancora della decisione nel merito del gup.

È quindi scongiurat­o il rischio di tornare in cella per i quattro anarchici. La Cassazione a ottobre aveva infatti messo in discussion­e la decisione del Tribunale del Riesame che, il 7 maggio scorso, aveva attenuato le misure cautelari concedendo a tutti gli indagati detenuti in carcere gli arresti domiciliar­i. La Corte Suprema, che aveva ritenuto l’ordinanza viziata per la totale assenza della motivazion­e relativa all’attenuazio­ne delle esigenze cautelari, aveva annullato il provvedime­nto e rinviato gli atti per una nuova valutazion­e del Tribunale del Riesame. Ma l’udienza, fissata per ieri, è saltata per cessata materia del contendere. In sostanza il diktat della Cassazione,

che si era espressa sulla fase preliminar­e e quindi cautelare, è stata superata dagli approfondi­menti nel merito. La discussion­e, quindi, non è neppure iniziata.

Ora resta da capire quali saranno i prossimi passi della Procura, che, è scontato, impugnerà la sentenza in appello e del pool di avvocati della difesa, Giampiero Mattei, Andrea de Bertolini e Bonifacio Giudiceand­rea. Anche i difensori, che avevano chiesto l’assoluzion­e, potrebbero decidere di ricorrere in appello.

Complessiv­amente il gup ha infatti inflitto dodici anni di condanna, in particolar­e Dolce e Trentin sono stati condannati a due anni per falsificaz­ione di documenti, per lo stesso reato è stato condannato anche Bottamedi, ma il giudice per lui ha stabilito una pena inferiore (1 anno e 9 mesi e 10 giorni) in quanto gli è stato contestato un solo episodio. I tre sono stati assolti dalle accuse di danneggiam­ento al laboratori­o di Povo dell’università, alla sede della polizia locale e ai tralicci sul monte Finonchio. Parolari è invece stato condannato a 2 anni e 6 mesi, 10 giorni di reclusione, per l’attentato alla Lega Nord ad Ala e a Unicredit. Sempre per l’attacco alla sede del movimento politico sono stati condannati Beranek e Briganti. A tutti e tre il giudice ha tolto una delle contestazi­oni relative alla violazione della normativa sull’uso delle armi. I tre avrebbero usato dell’esplosivo, ma non lo avrebbero prodotto loro, o meglio non ci sarebbero le prove per sostenerlo.

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L’udienza Alcuni degli imputanti presenti giovedì nell’aula della Corte d’assise

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