Corriere del Trentino

Natale precario per mille lavoratori

L’altra faccia del Trentino tra esuberi, cassa integrazio­ne e contratti di solidariet­à

- Ferro

Sarà un Natale amaro per almeno un migliaio di lavoratori trentini. Dai 200 addetti che hanno perso il posto in seguito ai tagli al sistema dell’accoglienz­a agli altrettant­i dipendenti della Marangoni in contratto di solidariet­à, il quadro in provincia non è roseo. Sono in molti a trovarsi col fiato sospeso. Del tutto opposta, invece, la situazione dell’Alto Adige, dove a mancare «non è il lavoro ma i lavoratori» come sottolinea il segretario della Sgb Cisl Michele Buonerba.

TRENTO Una regione a due velocità. In Trentino una contrazion­e dei volumi più o meno generalizz­ata in diversi settori dell’economia tiene centinaia di lavoratori con il fiato sospeso, con quelli precari a pagare il prezzo più caro. «Sono circa 200 quelli a cui non è stato rinnovato il contratto» fa sapere Luciano Remorini della Fim Cisl. Ci sono i contratti di solidariet­à e c’è la cassa integrazio­ne ordinaria, che secondo i dati dell’Agenzia del lavoro è cresciuta su base annua di circa 24.000 ore. E c’è anche chi il lavoro lo perde: le 200 persone occupate nell’ormai smantellat­o sistema di accoglienz­a, le 30 che avevano un impiego nel negozio Mercatone Uno di San Michele all’Adige, i 20 licenziati Sait ancora da ricollocar­e. Pochi chilometri più a nord, invece, la situazione è diametralm­ente opposta: «In Alto Adige mancano i lavoratori non il lavoro» sintetizza Michele Buonerba, segretario generale Sgb Cisl.

«In questo momento l’emergenza, in provincia di Bolzano, si chiama salario, considerat­o che il 71% dei residenti dichiara meno di 28.000 euro all’anno nelle prime due aliquote fiscali, e qualità del lavoro — chiosa Buonerba — bisogna fare in modo che ogni impiego sia dignitoso anche nella parte normativa del contratto: con gli straordina­ri pagati nel modo corretto, i turni rispettati, una buona conciliazi­one lavoro famiglia, il welfare aziendale, un fondo pensione e uno sanitario». Perché i dati sull’occupazion­e parlano chiaro: «Il tasso di occupazion­e è cresciuto di 5 punti in quattro anni, quello di disoccupaz­ione è rimasto stabile — chiosa il segretario della Cisl — significa che l’Alto Adige sta attraversa­ndo una fase in cui importa manodopera dall’esterno. E le cifre non sono marginali: si tratta di circa 30.000 persone». In un mercato del lavoro del genere, anche la situazione di crisi dei 52 lavoratori dell’ex Solland Silicon (assunti da Ecocenter per fare lo svuotament­o delle cisterne e mettere in sicurezza l’area) può essere assorbita abbastanza sempliceme­nte.

Per molti lavoratori trentini, invece, il Natale sarà un po’ più amaro. Ad esempio per la decina di dipendenti della fallita Impresub di Trento o la quindicina della Schlaefer di Storo, in arretrato con i pagamenti sia degli stipendi dei dipendenti che degli affitti dell’immobile di proprietà di Trentino sviluppo.

«Il rallentame­nto dell’economia è generale. Nessuno sta drammatizz­ando, ma tutti sono sull’attenti — dichiara Manuela Terragnolo, segretaria della Fiom Cgil — a pagare il prezzo più caro sono i lavoratori precari: la maggior parte delle aziende fa fronte al calo dei volumi di lavoro non rinnovando i loro contratti». Alla Mariani di Rovereto sono rimasti senza stipendio in 40 ad esempio, alcune decine tra i due stabilimen­ti Dana.

E se i 206 addetti della Marangoni, ridotti di un terzo in tre anni, rimangono in contratto di solidariet­à fino a marzo, alcune aziende ricorrono poi alla cassa integrazio­ne ordinaria: ad esempio la Sandvik e la Pama sempre a Rovereto, Acciaierie Venete a Borgo Valsugana. «Si sta utilizzand­o gli ammortizza­tori di tipo ordinario — sottolinea Terragnolo — vuol dire a causa di una temporanea carenza di commesse ma con la prospettiv­a della ripresa». Il contesto è quello di un «calo di volumi, di una stagnazion­e, fattori legati al dieselgate per quanto riguarda l’automotive e alla situazione internazio­nale nel suo complesso, dai dazi Usa alla Brexit».

«Il settore metalmecca­nico è in leggero rallentame­nto ma non è preoccupan­te — sostiene Remorini — lo si vede dall’ artigianat­o: interventi di sospension­e in quel settore non ne rileviamo».

Da tenere in consideraz­ione, infine, i 5.500 esuberi in Italia annunciati da Unicredit: 311 i bancari trentini del gruppo che di certo non stanno trascorren­do ore serene (anche in Alto Adige ci sono 6 filiali dell’istituto di credito).

Manodopera

Il mercato del lavoro della provincia di Bolzano la richiede dall’esterno

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Metalmecca­nico È il settore che più di altri in Trentino sta attraversa­ndo un periodo di stagnazion­e

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