Cassa rurale Lavis, la fusione contestata I ribelli incontrano Mattarei e Tonina
Il consorzio acquista Cesarini Sforza, Casa Girelli e l’80% di Glv. Patton: «Crisi chiusa, si volta pagina»
La richiesta è chiara: annullare il voto con cui l’assemblea della Cassa rurale di Lavis Mezzocorona Valle di Cembra ha ratificato, lo scorso novembre, la fusione con la Cassa rurale di Trento. È quanto ha chiesto una rappresentanza di soci contrari alla fusione che ieri ha incontrato la presidente della Federazione trentina della cooperazione Marina Mattarei e l’assessore provinciale alla cooperazione Mario Tonina. La richiesta è stata inviata anche ufficialmente dallo studio legale di Milano che assiste i soci. Nel frattempo, proseguono gli incontri per raccogliere le firme necessarie per presentare ricorso.
TRENTO Per i protagonisti si tratta di un accordo che «rafforza la viticoltura trentina». Un passaggio «strategico per valorizzarne prodotti e marchi in Italia e all’estero». Si è conclusa positivamente, infatti, la complessa operazione in base alla quale le società Cesarini Sforza e Casa Girelli sono state acquisite dal Gruppo Cavit, mentre la Cantina di Lavis e valle di Cembra rientra a far parte della compagine sociale del consorzio di Ravina dalla quale era uscita nel 2006. Cavit, infine, entra all’ 80% nella società commerciale Glv che distribuisce i marchi Cantina La Vis e Cembra Cantina di Montagna. Una partita da circa 26 milioni.
«I valori dati alle operazioni sono quelli di mercato» sottolinea il presidente di Cavit Lorenzo Libera. In particolare l’azienda dello spumante Trentodoc (Cesarini Sforza) è stata valutata per la cessione poco meno di 8 milioni, la società di imbottigliamento e commercializzazione (Casa Girelli) è stata ceduta al prezzo di 15,8 milioni.
Affinché l’operazione si concretizzasse, si sarebbero dovuti realizzare alcuni presupposti: la Cantina di Lavis doveva aver chiuso la propria posizione debitoria (di 42 milioni circa) nei confronti di banche e istituti finanziari. Il che è avvenuto tramite una complessa partita in cui si è negoziato con le banche creditrici la possibilità di liberare la cantina dal fardello dei suoi debiti «non performing», cioè deteriorati. Banca Finint, presente anche in Trentino, ha acquistato dai creditori il debito finanziario rinunciando a rivalersi sulla Cantina di Lavis. In cambio ha ricevuto gran parte della cifra versata da Cavit, attraverso una società veicolo, per l’acquisto delle società del gruppo La Vis.
«Si chiude la crisi di Cantina Lavis iniziata nel 2009 — annuncia il presidente Pietro Patton — la cantina ha voltato pagina ed è proiettata solo sui progetti futuri cioè la riqualificazione del vigneto, la valorizzazione della sostenibilità ambientale e delle produzioni collegate a questa parte della viticoltura e la valorizzazione dei marchi La vis e Cembra. La cantina sarà il più grande vignaiolo del trentino, quello che fa i vini di eccellenza, che ha il coraggio di ridurre autonomamente le rese e che potrebbe essere di esempio per far comprendere che si può esser vignaioli anche quando i produttori sono riuniti in cooperative».
«Cavit non cambia la sua strategia — precisa il direttore generale Enrico Zanoni — da tempo abbiamo iniziato una strategia di segmentazione: non è che la produzione dei soci e del territorio sia un unicum. Da anni in seno al consiglio di Cavit si lavora nella direzione di raggiungere livelli qualitativi di eccellenza: avere, all’interno di un’ampia offerta, una punta di eccellenza è un obiettivo condiviso».
Il 27 dicembre avrà luogo l’assemblea di La Vis: il mandato di Patton è in scadenza ma il presidente ha dato la sua disponibilità per un ulteriore mandato. In scadenza anche due consiglieri, compresa la vice presidente (anche lei ha deciso di ricandidarsi).