Laurea, primari cauti: «Più informazioni» E Collini convoca l’ateneo
Grandi (Anpo): sull’idea di Trento dobbiamo capire le ricadute ospedaliere
TRENTO La cautela è massima. E le perplessità non mancano. Tant’è che la sezione trentina dell’Associazione nazionale primari ospedalieri (Anpo) ha chiesto maggiori informazioni al rettore Paolo Collini per potersi esprimere «seriamente» sulla proposta dell’ateneo di Trento che suggerisce l’istituzione di una Scuola di medicina. «Mancano le informazioni minime per dare un’opinione» sintetizza il presidente dei dirigenti, Cesare Grandi. A preoccupare sono le ricadute per l’Azienda sanitaria. «Che fino a ora è stata indipendente e a fronte di un progetto tanto ambizioso potrebbe non esserlo più», rimarca il portavoce di Anpo. Grandi ha chiesto un vis a vis chiarificatore con l’università e, una volta raccolte tutte le informazioni, l’associazione si esprimerà attraverso un documento. Resta l’amarezza: così come l’ateneo di Trento lamenta di non essere stato considerato dalla Provincia, anche i primari riconoscono di «non essere stati consultati» dall’ateneo nella definizione della proposta annunciata mercoledì in rettorato.
I tempi sono stretti. Fra Capodanno e inizio 2020 il governatore Maurizio Fugatti dovrà esprimersi e indicare quale dei due progetti in corsa fra Padova (che prevede di avviare in Trentino una nuova sede del corso in medicina e chirurgia) e Trento (che oltre al corso di laurea immagina della formazione specialistica e ricerca clinica) verranno finanziati dalla giunta che, all’ateneo patavino, aveva chiesto un mese fa di formulare un progetto provocando i malumori di Trento. Una sfida ormai aspra e su più livelli: quello istituzionale (con le frizioni fra università di Trento e Provincia, nonché fra università di Trento e Padova) e quello nel merito di due progetti diversi per sopperire alla mancanza di medici.
«Ma abbiamo un problema: servirebbe più tempo per studiare e prendere una decisione — riflette Grandi — da anni e anni si discute di un tema, ossia l’eventuale costituzione di un corso di laurea in Medicina, e tutto d’un tratto dobbiamo decidere in pochi giorni?». Un’accelerazione poco gradita. «Non abbiamo ancora una posizione ufficiale — aggiunge il primario di otorinolaringoiatria — e soprattutto mancano le informazioni sufficienti per valutare». Fra i primari dell’Azienda sanitaria, per la verità, le posizioni personali ci sono. Una lettera ha sposato il progetto di Trento ma non è stata condivisa da tutti: c’è chi ha visione completamente diversa e non ha apprezzato la Scuola di medicina annunciata dal rettore Paolo Collini.
Tant’è che, in questi giorni, fra i primari è tutto un brulichio di mail e contro-mail per discutere del tema. «C’è il timore che il progetto, certamente stimolante, nella necessità di sostenersi nel tempo possa influenzare pesantemente la nostra sanità, minando la nostra indipendenza». Il ragionamento di Grandi è più o meno questo: la Scuola di medicina immaginata dall’ateneo di Trento, che tra le altre cose coinvolge gli ospedali delle valli, rischia di gravare sui medici. «Ci chiediamo quale sia la sostenibilità in termini di risorse umane e, ancora, ci chiediamo se si arriverà all’estrema ratio — spiega — di importare ulteriore personale per garantirne il funzionamento, quindi colonizzando il territorio che fino a ora era indipendente». Una sorta di paradosso: se i detrattori della soluzione di Padova temono incursioni di altre regioni, la controproposta dell’ateneo di Trento potrebbe portare a un risultato simile. «C’è poi la mia opinione personale a proposito del tema degli ospedali di valle — conclude il medico — Ecco: nel mezzo del calderone suggerisco meno suggestioni pubblicitarie»