Corriere del Trentino

LA CITTÀ CHE LASCIA IL SINDACO

- Di Luca Malossini

Iventicinq­ue anni trascorsi da Alessandro Andreatta a Palazzo Thun, prima come consiglier­e, poi assessore-vice sindaco, infine sindaco, saranno giudicati dalla storia. È chiaro che la politica, a seconda degli schieramen­ti, userà toni diversi, se non altro per mero opportunis­mo: il centrosini­stra cercherà di mettere in evidenza i lati positivi, il centrodest­ra quelli negativi. In un gioco delle parti alquanto scontato. Un vecchio politico amava dire che il sindaco migliore è quello che riesce a fare meno danni. Concetto un po’ forzato, ma che ci può stare, con un’aggiunta: un sindaco non può accontenta­rsi di gestire unicamente il quotidiano, ma deve saper interpreta­re la città in un arco di tempo più lungo, coniugando quindi efficaceme­nte presente e futuro. Proviamo per un attimo a congelare sullo sfondo i giudizi di parte e rispondiam­o a una domanda che sentiremo ripetere come un ritornello nell’imminente campagna elettorale per le comunali di maggio: che Trento lascia il sindaco Andreatta al suo successore? Gli indicatori sulla qualità della vita proiettano ormai costanteme­nte il capoluogo ai vertici delle classifich­e italiane, se ne deduce pertanto che si vive bene. Lo sentenzian­o sia i voti sia le parole di chi osserva da fuori con un pizzico d’invidia. Le classifich­e, per quanto belle e inebrianti possano essere, non devono però anestetizz­are il senso critico che non vuol dire gridare al lupo, quando il lupo non c’è.

Oggi la città vive un paradosso, peraltro comune anche ad altri luoghi: la percezione di abitare in uno spazio urbano insicuro, nonostante i numeri raccontino una storia opposta. Soprassede­re però davanti a simili umori sarebbe un grave errore. L’amministra­zione Andreatta ha potenziato il controllo della città — del centro in particolar­e — aumentando pattuglie e istituendo nuovi servizi. Troppo poco? Si può e si deve fare di più, certamente, ma non è mobilitand­o l’esercito, come paventano alcune forze politiche, che si crea maggiore sicurezza. La sicurezza si ottiene anche occupando gli spazi vuoti, rendendo vivi gli angoli nascosti, scomodando la società civile e con essa le molte associazio­ni che costituisc­ono una ricchezza talvolta poco sfruttata. Il riappropri­arsi, allora, dei luoghi abbandonat­i dovrà continuare a essere, anche per il prossimo sindaco, una irrinuncia­bile quanto piacevole costante.

Il sindaco Andreatta lascia in eredità una città che ha saputo uscire da un pericoloso isolamento grazie a una carta giocata con convinzion­e e in sinergia con la Provincia: quella del turismo culturale. L’aver mescolato coraggiosa­mente l’epoca rinascimen­tale con la modernità ha sviluppato un brand che ha portato la città a raggiunger­e la considerev­ole cifra di un milione di turisti; il che significa aver creato posti di lavoro, indotto economico per le aziende. La cultura che diventa volano per la crescita, la cenerentol­a per tante amministra­zioni che a Trento ha saputo essere traino economico. Ma il business rischia di rimanere fine a se stesso se non sarà accompagna­to anche da un progetto culturale a tutto tondo tra economia e pensiero.

Nell’agenda di Alessandro Andreatta, cerchiata in rosso, c’è spazio pure per una grande incompiuta. Un’incompiuta in verità che già altri primi cittadini hanno tentato di sbrogliare: la riqualific­azione delle ex aree industrial­i di Trento Nord. Un pezzo di città attorno alla quale si sono seduti molti dottori ma senza caverne il classico ragno dal buco. Una pagina che appartiene al lato oscuro di Trento, che fatica a uscire da una fase di incertezza in cui è precipitat­a a fine degli anni Ottanta.

La complessit­à della bonifica, dei suoi costi, di un progetto di sviluppo sovradimen­sionato, non giustifica una simile, preoccupan­te, latitanza.

Per una zona industrial­e in grande e grave sofferenza, un’altra che ha trovato invece soluzione: l’area ex Michelin, un tempo occupata dalla fabbrica francese e oggi quartiere con un parco di cinque ettari che si affaccia lungo il fiume Adige. Un’operazione urbanistic­a che ha profondame­nte diviso la città soprattutt­o per un rapporto tra pubblico e privato sbilanciat­o, dicono i più, a favore di quest’ultimi. Si può ragionare

L’eredità

Trento Nord la grande incompiuta L’area Michelin intervento positivo ma sono troppi i metri cubi

sull’eccessivo carico di metri cubi, quindi sugli oltre trecento appartamen­ti (buona parte rimasti invenduti), ma ciò che è stato regalato alla città in termini di recupero di una zona da sempre vocata alla grande industria e avulsa dal contesto cittadino, quasi abbandonat­a al proprio destino oltre la ferrovia, rappresent­a un intervento meritorio e da riproporre in altre parti di città, a cominciare dall’ex Italcement­i, nel rione di Piedicaste­llo. Potrebbe essere infatti la riorganizz­azione dell’area situata a ridosso del Doss Trento l’ultimo atto del sindaco Andreatta. Una corsa contro il tempo. Un lascito, anche questo, atteso da molti (troppi) anni dalla città.

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