LA CITTÀ CHE LASCIA IL SINDACO
Iventicinque anni trascorsi da Alessandro Andreatta a Palazzo Thun, prima come consigliere, poi assessore-vice sindaco, infine sindaco, saranno giudicati dalla storia. È chiaro che la politica, a seconda degli schieramenti, userà toni diversi, se non altro per mero opportunismo: il centrosinistra cercherà di mettere in evidenza i lati positivi, il centrodestra quelli negativi. In un gioco delle parti alquanto scontato. Un vecchio politico amava dire che il sindaco migliore è quello che riesce a fare meno danni. Concetto un po’ forzato, ma che ci può stare, con un’aggiunta: un sindaco non può accontentarsi di gestire unicamente il quotidiano, ma deve saper interpretare la città in un arco di tempo più lungo, coniugando quindi efficacemente presente e futuro. Proviamo per un attimo a congelare sullo sfondo i giudizi di parte e rispondiamo a una domanda che sentiremo ripetere come un ritornello nell’imminente campagna elettorale per le comunali di maggio: che Trento lascia il sindaco Andreatta al suo successore? Gli indicatori sulla qualità della vita proiettano ormai costantemente il capoluogo ai vertici delle classifiche italiane, se ne deduce pertanto che si vive bene. Lo sentenziano sia i voti sia le parole di chi osserva da fuori con un pizzico d’invidia. Le classifiche, per quanto belle e inebrianti possano essere, non devono però anestetizzare il senso critico che non vuol dire gridare al lupo, quando il lupo non c’è.
Oggi la città vive un paradosso, peraltro comune anche ad altri luoghi: la percezione di abitare in uno spazio urbano insicuro, nonostante i numeri raccontino una storia opposta. Soprassedere però davanti a simili umori sarebbe un grave errore. L’amministrazione Andreatta ha potenziato il controllo della città — del centro in particolare — aumentando pattuglie e istituendo nuovi servizi. Troppo poco? Si può e si deve fare di più, certamente, ma non è mobilitando l’esercito, come paventano alcune forze politiche, che si crea maggiore sicurezza. La sicurezza si ottiene anche occupando gli spazi vuoti, rendendo vivi gli angoli nascosti, scomodando la società civile e con essa le molte associazioni che costituiscono una ricchezza talvolta poco sfruttata. Il riappropriarsi, allora, dei luoghi abbandonati dovrà continuare a essere, anche per il prossimo sindaco, una irrinunciabile quanto piacevole costante.
Il sindaco Andreatta lascia in eredità una città che ha saputo uscire da un pericoloso isolamento grazie a una carta giocata con convinzione e in sinergia con la Provincia: quella del turismo culturale. L’aver mescolato coraggiosamente l’epoca rinascimentale con la modernità ha sviluppato un brand che ha portato la città a raggiungere la considerevole cifra di un milione di turisti; il che significa aver creato posti di lavoro, indotto economico per le aziende. La cultura che diventa volano per la crescita, la cenerentola per tante amministrazioni che a Trento ha saputo essere traino economico. Ma il business rischia di rimanere fine a se stesso se non sarà accompagnato anche da un progetto culturale a tutto tondo tra economia e pensiero.
Nell’agenda di Alessandro Andreatta, cerchiata in rosso, c’è spazio pure per una grande incompiuta. Un’incompiuta in verità che già altri primi cittadini hanno tentato di sbrogliare: la riqualificazione delle ex aree industriali di Trento Nord. Un pezzo di città attorno alla quale si sono seduti molti dottori ma senza caverne il classico ragno dal buco. Una pagina che appartiene al lato oscuro di Trento, che fatica a uscire da una fase di incertezza in cui è precipitata a fine degli anni Ottanta.
La complessità della bonifica, dei suoi costi, di un progetto di sviluppo sovradimensionato, non giustifica una simile, preoccupante, latitanza.
Per una zona industriale in grande e grave sofferenza, un’altra che ha trovato invece soluzione: l’area ex Michelin, un tempo occupata dalla fabbrica francese e oggi quartiere con un parco di cinque ettari che si affaccia lungo il fiume Adige. Un’operazione urbanistica che ha profondamente diviso la città soprattutto per un rapporto tra pubblico e privato sbilanciato, dicono i più, a favore di quest’ultimi. Si può ragionare
L’eredità
Trento Nord la grande incompiuta L’area Michelin intervento positivo ma sono troppi i metri cubi
sull’eccessivo carico di metri cubi, quindi sugli oltre trecento appartamenti (buona parte rimasti invenduti), ma ciò che è stato regalato alla città in termini di recupero di una zona da sempre vocata alla grande industria e avulsa dal contesto cittadino, quasi abbandonata al proprio destino oltre la ferrovia, rappresenta un intervento meritorio e da riproporre in altre parti di città, a cominciare dall’ex Italcementi, nel rione di Piedicastello. Potrebbe essere infatti la riorganizzazione dell’area situata a ridosso del Doss Trento l’ultimo atto del sindaco Andreatta. Una corsa contro il tempo. Un lascito, anche questo, atteso da molti (troppi) anni dalla città.