Albere, c’è chi getta la spugna: «Poche le chance di rilancio»
«Pochi servizi, quartiere senza futuro». Resistono, al momento, bar e ristoranti
Saracinesche abbassate e negozi chiusi: nel quartiere delle Albere resistono (quasi) solo i bar e i ristoranti. Stefania di Floridita ha deciso di trasferirsi in centro: «Gestione del quartiere poco organizzata».
TRENTO Albere, quartiere dalle mille contraddizioni. C’è chi ha creduto nel progetto e cerca di resistere convinto che prima o poi ci sarà la svolta, e chi invece, dopo l’entusiasmo iniziale, ha deciso di gettare la spugna e andarsene portandosi dietro tanta amarezza. È l’altra faccia di un intervento urbanistico che doveva ridare alla città un’area da sempre riservate all’industria pesante. Un intervento rimasto a metà del guado e che apre scenari tutti da decifrare.
Proprio un anno fa, sulle pagine del Corriere del Trentino, era apparso un dibattito sul futuro delle Albere. Ad alimentarlo, ciascuno con una propria proposta, erano stati otto esperti tra architetti e ingegneri che in passato si erano spesi per rivitalizzare quella che una volta era l’area Michelin. Oggi, dopo che a dicembre è stato inaugurato l’ultimo passaggio di collegamento con il centro cittadino (quello in asse con via Perini), siamo tornati nelle vie del quartiere per parlare con i commercianti della zona, una decina all’incirca. Alcuni di loro o hanno chiuso i battenti oppure hanno già fatto le valigie per andarsene dalle Albere e trasferirsi in centro. «Per il quartiere purtroppo non vediamo più nessuna prospettiva di crescita», ci hanno detto in coro i tre esercenti.
Tra questi c’è Stefania Coser, la giovane titolare del laboratorio floreale «Floridita», arrivata in viale Adriano Olivetti con un’idea originale di fioreria nel dicembre del 2017. «Non ci sono più i presupposti per rimanere – osserva la ragazza molto schiettamente – Credo che da parte della società che detiene il fondo immobiliare Clesio non ci sia più nessun interesse nel far ripartire il quartiere. Questo lo si vede nella mancanza di una gestione organizzata. Per fare soltanto un esempio, a me in due anni non sono mai arrivate le rate delle spese condominiali e ora tutto d’un tratto mi è arrivata una raccomandata in cui mi si dice che devo pagare 10.000 euro per gli ultimi due anni». A ciò si aggiunge la questione di un quartiere che continua a rimanere disabitato: gli appartamenti venduti si aggirano attorno al 50%, mentre quelli in affitto sono circa 83 (per un totale di 306 unità abitative). «Non possiamo neanche colpevolizzare il trentino che non passa per le Albere perché sappiamo che non c’è motivo per venire qui — aggiunge Dina Natale, che da alcuni mesi è approdata nel negozio di Stefania Coser continuando a vendere sistemi di riposo medicali e materassi con la sua attività «M7» — Se portassero alcuni servizi nel quartiere e ci coinvolgessero di più nelle iniziative, come il Mercatino di Natale, le cose forse potrebbero cambiare. Ma noi purtroppo non possiamo più permetterci di aspettare altro tempo». A partire dal primo marzo Stefania e Dina si trasferiranno infatti in centro storico in via XXIV Maggio e saranno soci di un’unica attività commerciale.
Proseguendo il cammino nel quartiere, più avanti di qualche metro dal negozio di fioreria e arredamenti ci si imbatte in una vetrina già spoglia. All’interno del locale ci sono soltanto alcuni capi di abbigliamento e qualche busta di plastica. Là dove fino a poche settimane fa spiccavano i prodotti di «No.me-Bottega del concetto», uno spazio di vendita dedicato a vari settori: arredamento, moda, tempo libero, musica, enoteca, arte e libri. «Credevamo molto nel quartiere — dicono i titolari dell’attività. — Abbiamo provato anche noi a introdurre un’idea un po’ innovativa, ma le Albere purtroppo non hanno più alcuna chance. Le persone che vengono sono sempre meno e in molti ormai si sono disinteressati di questo quartiere». Ma a fianco a quella che era la «Bottega del concetto» da circa un anno è sorta anche una nuova attività: «Urban coffee lab». Al pari del laboratorio floreale, anche in questo caso sono stati dei giovani a scommettere sulle Albere: ragazzi che però nutrono ancora una speranza in un’evoluzione positiva del quartiere. «Ci siamo buttati un po’ alla cieca all’inizio, non sapevamo bene a cosa saremmo andati incontro — spiega il responsabile Marco Zonca, di 26 anni, che insieme al titolare Emanuela Faes, di 24 anni, gestisce un altro locale della stessa catena in centro — Siamo voluti venire qui perché volevamo ampliare l’offerta sia sul mangiare che sulla caffetteria e portare così qualcosa di diverso nella città. Per il momento le cose ci stanno andando bene». Per le attività del quartiere come bar, ristoranti, pasticcerie e caffetterie, in effetti, la situazione è diversa e il mercato è più prospero. «Grazie all’apertura della Biblioteca universitaria e adesso con il nuovo sottopassaggio stradale e ciclopedonale c’è molto più movimento rispetto ai primi tempi. La strada è quella giusta», gli fa eco Michele Rivolta della «Bottega del caffè Dersut», alle Albere dal 2013. Restano tuttavia alcune criticità già riscontrate con altri esercenti. «La gestione lascia un po’ a desiderare — confessa Marco dell’Urban coffee — L’altra mattina per esempio ci siamo ritrovati senza i faretti ai tavoli esterni perché servivano lungo il viale. Poi un’altra cosa che ci sta penalizzando abbastanza sono i parcheggi che non vengono gestiti bene. Capita in alcuni giorni che i clienti vengano mandati via dai custodi perché non ci sono i posti auto, ma in realtà ci sono centinaia di spazi vuoti appartenenti alle case invendute oppure delle varie società».
Sconfitta Stefania (Floridita): «Avevo molte idee, lascio e vado in centro» Dina: «Abbandonati»
Fiducioso
Ma c’è chi resiste come Michele (Dersut): «Buc importante, così come il sottopasso»