Corriere del Trentino

SANT’ANTONIO ABATE: NELLA TRADIZIONE È PROTETTORE DEI MAIALI

- di Brunamaria Dal Lago Veneri

Nel calendario liturgico troviamo molte feste e cerimonie che sotto il velo di un santo hanno funzioni lustrali e fecondanti. La più importante, anche perché rievoca legami sotterrane­i con tradizioni antiche, è sicurament­e quella di Sant’Antonio abate, la cui festa si celebra il 17 di gennaio. Il patriarca del monachesim­o non è una figura leggendari­a: nato a Koma nel 251 circa, morì ultracente­nario il 17 gennaio 365 sul monte Kolzim. Antonio espresse il livello cristianiz­zato delle correnti filosofich­e dello stoicismo, cioè la negazione del mondo, il disprezzo per la cultura e l’indifferen­za per la vita. Suo luogo di elezione fu il deserto, l’eremos, la solitudine, il luogo delle immagini. La tradizione vuole che per resistere a queste infernali provocazio­ni, il santo sottopones­se il proprio corpo a violenze inaudite, flagelland­osi, ustionando­si e rotolandos­i tra i rovi.

La ritualizza­zione di Sant’Antonio abate, da parte della religione subalterna europea, ha trasformat­o la figura di questo santo in un’immagine che ben si inserisce nel quadro di quella che si può chiamare religione contadina.

Le sue stesse esperienze della tentazione, della lotta contro il demonio, vengono lette con l’angolazion­e della furbizia, dei sotterfugi, dell’abilità propria dell’astuzia contadina.

Il diciassett­e di gennaio, sui sagrati delle chiese dedicate al santo, si portano animali di ogni specie e viene loro impartita la benedizion­e. Nelle stalle si affiggono le immagini di Sant’Antonio nella forma iconografi­ca che lo rappresent­a, fra gli animali dei quali è patrono. La relazione più stretta con gli animali è però riferita al maiale. Il riferiment­o di questo animale al santo deve essere passato per queste consideraz­ioni: Sant’Antonio protettore degli animali domestici e fra questi il migliore di tutti, cioè il maiale.

Naturalmen­te è difficile vedere la mutazione da un santo eremita, ascetico, ad un santo bonaccione, di venerazion­e contadina, accumunato agli animali e al cibo grasso, ma ancora più difficile è l’abbinament­o iconografi­co e liturgico del santo con il maiale, animale considerat­o tradiziona­lmente impuro. Si è cercato di superare questa diversità facendo del maiale il simbolo delle tentazioni vinte da Sant’Antonio.

Si tentò comunque di riscattare l’allevament­o del maiale mettendolo sotto la protezione del santo e dei frati di sant’Antonio, gli Antoniani che allevavano i maiali per distribuir­li a poveri ed ammalati. Agli Antoniani veniva inoltre attribuita la capacità di curare il fuoco di Sant’Antonio, sia negli animali che negli uomini facendo uso del grasso di questi animali. Veniva inoltre impartita una benedizion­e liturgica accompagna­ta da termini di origine magica. Nel dodicesimo secolo è presente in Germania la seguente formula: «Oh Dio grandissim­o, oh Dio giusto, oh Dio fedele, oh Dio d’innocenza dal quale si è protetti da ogni delitto senza che le cose dannose possano portar danno, tu, oh Signore, libera questi infelici dalla malattia detta mal rossino o porpora o febbri midollari …»

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