Corriere del Trentino

UNA VOCE CHA VA ASCOLTATA

- Di Luca Malossini

Ha fatto un certo effetto, ieri, ascoltare dalla viva voce della presidente dell’Associazio­ne nazionale magistrati di Trento e Bolzano, Consuelo Pasquali, che «i palazzi di giustizia della regione stanno andando a pezzi con soffitti che si staccano, cortili pieni buche, rubinetti rotti, sanitari fatiscenti»; per non parlare poi della pianta organica insufficie­nte che «ha già costretto alcuni uffici a ridurre gli orari di apertura al pubblico». Diciamolo: tale fotografia scattata dall’Anm stride, e molto, davanti all’efficienza acclarata dell’autonomia del Trentino Alto Adige. Stride anche perché la delega che porta in capo alla Regione la gestione dell’attività amministra­tiva e organizzat­iva della giustizia è stata voluta con forza dalla classe politica, sicura che mettere in cassaforte pure una simile competenza avrebbe voluto dire raggiunger­e il massimo dell’affidabili­tà a tutto vantaggio di cittadini e imprese. A quanto pare, però, qualcosa si dev’essere inceppato. E la questione è deflagrata su un palcosceni­co dalla grande visibilità mediatica come l’inaugurazi­one dell’Anno giudiziari­o. In quella sede la giunta dell’Anm regionale, al termine di un atto d’accusa molto severo, ha rassegnato le dimissioni. Un gesto politico forte perché porta in superficie un malessere che covava da tempo. Uno strappo che non si era ancora visto dentro una comunità come quella del Trentino Alto Adige abituata a dominare le classifich­e della qualità della vita e dei servizi.

Il ritrovarsi dietro la lavagna, pertanto, costituisc­e un’eccezione senza precedenti. Perché qui non ci sono rimostranz­e, talvolta colorate, di chi non è mai contento e protesta a prescinder­e. Dobbiamo dunque maneggiare con cura accuse circostanz­iate firmate da chi fa parte del sistema, ne è parte fondamenta­le come l’Anm.

La delega sulla giustizia è entrata in vigore il primo gennaio 2017, dopo una lunga, inevitabil­e, gestazione vista la portata della materia. Già nel dicembre 2014 ci fu un primo via libera alla norma poi perfeziona­ta attraverso una serie di incontri con i vari ministeri. Ciò che la norma di attuazione concede a Trento e Bolzano è: «l’organizzaz­ione amministra­tiva, giuridica ed economica del personale amministra­tivo; la messa a disposizio­ne, la manutenzio­ne e la gestione degli immobili destinati a sedi di uffici giudiziari nel distretto; la fornitura delle attrezzatu­re, degli arredi e dei servizi». I commenti per una simile svolta furono accompagna­ti da toni entusiasti, soprattutt­o da parte dei leader politici del tempo (Ugo Rossi e Arno Kompatsche­r); un po’ meno in verità da chi si trovava dall’altra parte (magistrati e sindacati in pricapovol­to mis) e nutriva timori davanti a un cambio di rotta che per la prima volta portava a rapportars­i con un interlocut­ore diverso dallo Stato. Si parlò di «grande conquista» per l’autonomia speciale: «perché se la giustizia funziona ed è veloce, tutta la comunità cresce». La delega pertanto «deve essere letta nella sua capacità di rendere ancora più competitiv­o il nostro territorio» ammonivano gli amministra­tori. Una filiera di attestati, letti con gli occhi di oggi, fin troppo ridondanti.

Tre anni dopo, lo spartito si è e suona una musica diversa. L’autonomia da generatore di efficienza si ritrova a rivestire un ruolo inedito, quasi di ostacolo allo sviluppo. Essere un peso, insomma. L’atto d’accusa lanciato dall’Anm, accompagna­to dal gesto delle dimissioni, deve quindi riaprire al più presto un dialogo tra politica e mondo della giustizia, dalla magistratu­ra alle varie organizzaz­ioni sindacali. Non è in discussion­e la delega in sé, quello che emerge è una gestione zoppicante delle nuove mansioni. Lo stesso Kompatsche­r, evidenteme­nte conscio delle difficoltà, si era esposto pubblicame­nte promettend­o una task force ad hoc per l’applicazio­ne della delega. Tutto fermo. In questo periodo si fa un gran parlare di nuove competenze. Sarebbe allora consigliat­o fermarsi, accantonan­do per un attimo i sogni di gloria, cercando piuttosto di migliorare ciò che già c’è. Vista la mole delle cose da fare di sicuro nessuno morirebbe di inedia. Nemmeno una Regione alla perenne ricerca del ruolo perduto.

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