UNA VOCE CHA VA ASCOLTATA
Ha fatto un certo effetto, ieri, ascoltare dalla viva voce della presidente dell’Associazione nazionale magistrati di Trento e Bolzano, Consuelo Pasquali, che «i palazzi di giustizia della regione stanno andando a pezzi con soffitti che si staccano, cortili pieni buche, rubinetti rotti, sanitari fatiscenti»; per non parlare poi della pianta organica insufficiente che «ha già costretto alcuni uffici a ridurre gli orari di apertura al pubblico». Diciamolo: tale fotografia scattata dall’Anm stride, e molto, davanti all’efficienza acclarata dell’autonomia del Trentino Alto Adige. Stride anche perché la delega che porta in capo alla Regione la gestione dell’attività amministrativa e organizzativa della giustizia è stata voluta con forza dalla classe politica, sicura che mettere in cassaforte pure una simile competenza avrebbe voluto dire raggiungere il massimo dell’affidabilità a tutto vantaggio di cittadini e imprese. A quanto pare, però, qualcosa si dev’essere inceppato. E la questione è deflagrata su un palcoscenico dalla grande visibilità mediatica come l’inaugurazione dell’Anno giudiziario. In quella sede la giunta dell’Anm regionale, al termine di un atto d’accusa molto severo, ha rassegnato le dimissioni. Un gesto politico forte perché porta in superficie un malessere che covava da tempo. Uno strappo che non si era ancora visto dentro una comunità come quella del Trentino Alto Adige abituata a dominare le classifiche della qualità della vita e dei servizi.
Il ritrovarsi dietro la lavagna, pertanto, costituisce un’eccezione senza precedenti. Perché qui non ci sono rimostranze, talvolta colorate, di chi non è mai contento e protesta a prescindere. Dobbiamo dunque maneggiare con cura accuse circostanziate firmate da chi fa parte del sistema, ne è parte fondamentale come l’Anm.
La delega sulla giustizia è entrata in vigore il primo gennaio 2017, dopo una lunga, inevitabile, gestazione vista la portata della materia. Già nel dicembre 2014 ci fu un primo via libera alla norma poi perfezionata attraverso una serie di incontri con i vari ministeri. Ciò che la norma di attuazione concede a Trento e Bolzano è: «l’organizzazione amministrativa, giuridica ed economica del personale amministrativo; la messa a disposizione, la manutenzione e la gestione degli immobili destinati a sedi di uffici giudiziari nel distretto; la fornitura delle attrezzature, degli arredi e dei servizi». I commenti per una simile svolta furono accompagnati da toni entusiasti, soprattutto da parte dei leader politici del tempo (Ugo Rossi e Arno Kompatscher); un po’ meno in verità da chi si trovava dall’altra parte (magistrati e sindacati in pricapovolto mis) e nutriva timori davanti a un cambio di rotta che per la prima volta portava a rapportarsi con un interlocutore diverso dallo Stato. Si parlò di «grande conquista» per l’autonomia speciale: «perché se la giustizia funziona ed è veloce, tutta la comunità cresce». La delega pertanto «deve essere letta nella sua capacità di rendere ancora più competitivo il nostro territorio» ammonivano gli amministratori. Una filiera di attestati, letti con gli occhi di oggi, fin troppo ridondanti.
Tre anni dopo, lo spartito si è e suona una musica diversa. L’autonomia da generatore di efficienza si ritrova a rivestire un ruolo inedito, quasi di ostacolo allo sviluppo. Essere un peso, insomma. L’atto d’accusa lanciato dall’Anm, accompagnato dal gesto delle dimissioni, deve quindi riaprire al più presto un dialogo tra politica e mondo della giustizia, dalla magistratura alle varie organizzazioni sindacali. Non è in discussione la delega in sé, quello che emerge è una gestione zoppicante delle nuove mansioni. Lo stesso Kompatscher, evidentemente conscio delle difficoltà, si era esposto pubblicamente promettendo una task force ad hoc per l’applicazione della delega. Tutto fermo. In questo periodo si fa un gran parlare di nuove competenze. Sarebbe allora consigliato fermarsi, accantonando per un attimo i sogni di gloria, cercando piuttosto di migliorare ciò che già c’è. Vista la mole delle cose da fare di sicuro nessuno morirebbe di inedia. Nemmeno una Regione alla perenne ricerca del ruolo perduto.