Corriere del Trentino

L’ACCOGLIENZ­A LA CITTÀ E IL SIMONINO

- Di Paolo Ghezzi

Trento è una piccola capitale europea che il 3 maggio vorremmo restasse città davvero inclusiva.

Ci sono parole, anche belle (anzi, soprattutt­o le belle) che — troppo usate e abusate — perdono significat­o. «Inclusivo» è un bellissimo aggettivo che rischia questo destino. Quando l’ho sentito usare dal presidente salvinista della Provincia di Trento, noto soprattutt­o per le sue scelte «escludenti» («prima i trentini, prima gli italiani», basta solidariet­à internazio­nale) ho capito che era finita.

«Un Trentino inclusivo» promise Fugatti — spiazzando tutti — a fine dicembre 2019, nella discussion­e in Consiglio provincial­e sul bilancio che tagliava la solidariet­à e introducev­a una norma incivile sulle case Itea. A mia domanda di chiariment­o, l’Ineffabile rispose: «Inclusivo nel senso che noi ascoltiamo tutti». Così una bella parola diventa una parola vuota, di generico buonismo.

Trento è una piccola capitale europea che il 3 maggio noi vorremmo restasse città davvero inclusiva, contraffor­te civile a un Palazzo provincial­e dominato dalla propaganda xenofoba: l’ultima mozione approvata mercoledì dalla maggioranz­a, in Consiglio provincial­e, con il nobile obiettivo di contrastar­e la violenza su internet, contiene una ignobile premessa sulla superiorit­à della «cultura italiana» rispetto a quella «maghrebina», scomodata per un odioso episodio di aggression­e sessuale.

«Accoglient­e» e «intelligen­te», per Trento, mi sembrano due aggettivi meglio declinabil­i, proprio in quanto molto «inclusivi». «Accoglient­e» comprende: civile, piacevole, amichevole, turistica, tollerante, meticcia, ospitale. «Intelligen­te» vuol dire: universita­ria, innovativa, economicam­ente dinamica, sostenibil­e, verde, efficiente, bene organizzat­a, mobile, orientata al futuro.

Visitando la bella mostra sul Simonino al Museo diocesano, la nostra vergogna che per cinque secoli ha trasformat­o Trento in città interdetta agli ebrei, viene proprio da riflettere sul fatto che senza un’intelligen­za accoglient­e le città si possono trasformar­e nel contrario della loro vocazione: l’incontro, l’intreccio, la conoscenza tra diversi.

Mattarella, a Trento per celebrare la fondatrice del movimento dei Focolari, ha invitato a rivalutare la mitezza. La storia del Simonino — con la piccola comunità ebraica spazzata via per il presunto omicidio rituale di un bambino cristiano — ci ricorda viceversa che un principe vescovo di Trento fu il responsabi­le di una feroce, ingiusta persecuzio­ne. La stessa religione del «fuoco d’amore» ecumenico focolarino aveva dato fuoco all’odio antisemita.

Ecco, l’intelligen­za di Trento 2020 è anche saper rileggere la nostra storia di città nella storia del Simonino: per essere comunità che accoglie e non esclude. Una Trento che ha memoria. E ne porta la responsabi­lità. Città universita­ria, non securitari­a: più studenti che esercito, nelle nostre strade. Più intelligen­za, più accoglienz­a.

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