L’ACCOGLIENZA LA CITTÀ E IL SIMONINO
Trento è una piccola capitale europea che il 3 maggio vorremmo restasse città davvero inclusiva.
Ci sono parole, anche belle (anzi, soprattutto le belle) che — troppo usate e abusate — perdono significato. «Inclusivo» è un bellissimo aggettivo che rischia questo destino. Quando l’ho sentito usare dal presidente salvinista della Provincia di Trento, noto soprattutto per le sue scelte «escludenti» («prima i trentini, prima gli italiani», basta solidarietà internazionale) ho capito che era finita.
«Un Trentino inclusivo» promise Fugatti — spiazzando tutti — a fine dicembre 2019, nella discussione in Consiglio provinciale sul bilancio che tagliava la solidarietà e introduceva una norma incivile sulle case Itea. A mia domanda di chiarimento, l’Ineffabile rispose: «Inclusivo nel senso che noi ascoltiamo tutti». Così una bella parola diventa una parola vuota, di generico buonismo.
Trento è una piccola capitale europea che il 3 maggio noi vorremmo restasse città davvero inclusiva, contrafforte civile a un Palazzo provinciale dominato dalla propaganda xenofoba: l’ultima mozione approvata mercoledì dalla maggioranza, in Consiglio provinciale, con il nobile obiettivo di contrastare la violenza su internet, contiene una ignobile premessa sulla superiorità della «cultura italiana» rispetto a quella «maghrebina», scomodata per un odioso episodio di aggressione sessuale.
«Accogliente» e «intelligente», per Trento, mi sembrano due aggettivi meglio declinabili, proprio in quanto molto «inclusivi». «Accogliente» comprende: civile, piacevole, amichevole, turistica, tollerante, meticcia, ospitale. «Intelligente» vuol dire: universitaria, innovativa, economicamente dinamica, sostenibile, verde, efficiente, bene organizzata, mobile, orientata al futuro.
Visitando la bella mostra sul Simonino al Museo diocesano, la nostra vergogna che per cinque secoli ha trasformato Trento in città interdetta agli ebrei, viene proprio da riflettere sul fatto che senza un’intelligenza accogliente le città si possono trasformare nel contrario della loro vocazione: l’incontro, l’intreccio, la conoscenza tra diversi.
Mattarella, a Trento per celebrare la fondatrice del movimento dei Focolari, ha invitato a rivalutare la mitezza. La storia del Simonino — con la piccola comunità ebraica spazzata via per il presunto omicidio rituale di un bambino cristiano — ci ricorda viceversa che un principe vescovo di Trento fu il responsabile di una feroce, ingiusta persecuzione. La stessa religione del «fuoco d’amore» ecumenico focolarino aveva dato fuoco all’odio antisemita.
Ecco, l’intelligenza di Trento 2020 è anche saper rileggere la nostra storia di città nella storia del Simonino: per essere comunità che accoglie e non esclude. Una Trento che ha memoria. E ne porta la responsabilità. Città universitaria, non securitaria: più studenti che esercito, nelle nostre strade. Più intelligenza, più accoglienza.