Compleanno in carcere, forse l’ultimo
Un aneddoto pindarico per sostituire le lacrime con un sorriso. Domani, 8 febbraio, celebrerò (che parolona) un altro compleanno qui dentro, sono convinto sarà veramente l’ultimo. Se mi chiedete quanti sono, mi dovrò cimentare un’altra volta nello spartire le acque. Questa volta a Venezia (così da salvare San Marco, la salute e i vari canali sotto i ponti per poterci ri-surfare da veciòt) scriverò il numero dei miei anni sulla spiaggia sottostante, tra anelli di doge e conchiglie “made in Taiwan”, con stampato «Souvenil di Venezah».
Lasciamo riposare Pulcinella. Vent’anni rinchiuso qui dentro. In vent’anni, secondo le versioni non paranormali, 120.000 altri miei colleghi al tempo, utilizzando un milione di pietre di almeno una tonnellata ciascuna, hanno costruito le piramidi. Senza conoscere né il cavallo né la ruota. E io qui dentro, non ho costruito nemmeno la barchetta all’interno della bottiglia.
Forse ho passato troppo tempo a scrivere. In effetti con una minima parte di ciò che ho scritto si potrebbe pubblicare una nuova edizione formato britannica di lettere dal carcere di A-Pelle-Chico. L’altra mattina ho trovato sul tablet il vostro regalo inaspettato: la foto della curva sud a San Siro, che spettacolo... non solo per le dimensioni gulliveriane dello striscione, ma soprattutto per il messaggio. Grazie di cuore a tutti i milanisti. Un ricordo nasce spontaneo. Qualche secolo addietro, quando ero ancora “pischello”, avevo un amico, Michele Pedrotti, allora il boss delle Brigate Rossonere. Residenza: curva sud, San Siro Milano. Coincidenza? Non credo più alle coincidenze. Michele aveva due fratelli. Paolo, conosciuto in Italia come ginnasta nazionale e testimonial di pubblicità di yogurt (Carosello perchè credo fosse in bianco e nero, e Cesare non aveva ancora conquistato la Gallia... Asterix e la sua pozione magica). Alberto, l’altro fratello, anche lui un caro amico, era maestro di sci sul Monte Bondone ed è stato il principale artefice delle misure di sicurezza (radiocomunicazioni, corde, picozze, cioccolata e grapìn), per la mia pazza impresa con Billy Valduga: la discesa della parete verticale del Palon, 2000 metri di dislivello, atterrando in un’osteria a Ravina, dove i clienti, dopo averci visto entrare con scarponi e sci coperti di neve, ordinando ampie porzioni di vin brulè, convinti si trattasse di un’allucinazione, giurarono di non toccare più un bicchiere di vino. Alberto divenne anche il coordinatore delle manifestazioni sportive a Madonna di Campiglio, altra stazione sciistica (oltre al Bondone, Moena, Canazei e Predazzo) che mi aveva adottato, a rischio, come un figlio e che mi ha visto protagonista di mille peripezie regalandole il temporaneo nomignolo «Madonna di Scompiglio»: credo la famiglia Cozzio abbia ancora il mio poster appeso all’entrata del loro albergo: «Wanted!».
Scherzi a parte, cari amici, quanti ricordi. Memorie che fino a pochi mesi fa mi hanno tenuto in vita. Ora invece, grazie anche alla maratona delle Iene e al putiferio creato, vivo di realtà, mista a sogni di breve futuro. Le vostre continue indescrivibili manifestazioni di solidarietà (180.000 followers sui miei tre siti ufficiali e quasi 60.000 firme per la petizione) hanno sollevato non solo l’Italia intera, ma anche il mio spirito e la mia energia. Inoltre, ora sono anche diventato «atifoso» calcistico.
Come posso fare il tifo solo per una squadra, quando Milan e Inter mettono gli striscioni, Marchisio mi dedica gli auguri, Roma e Bologna mi festeggiano, il Verona è la mia citta dell’Isef, Napoli, Brescia, Palermo e Fiorentina pullulano di miei sostenitori e il Cagliari ha un allenatore trentino? Da adesso in poi con un «forza azzurri», farò il tifo per tutti voi, perché tutti voi state facendo il tifo per me.
Con immensa gratitudine