Corriere del Trentino

Arie africane per l’addio a Spagnolli «Ci ha insegnato ad essere altruisti»

Folla per i funerali del medico missionari­o. I figli: «Era la nostra roccia»

- Tommaso Di Giannanton­io

Sulle onde sonore di bonghi e tamburi di un gruppo musicale di origini africane, sono stati celebrati ieri pomeriggio nella chiesa Santa Maria di Rovereto i funerali di Carlo Spagnolli, medico missionari­o laico che si è spento domenica scorsa all’età di 70 anni dopo un’intera vita passata a fianco degli ultimi. Celebrazio­ne trasmessa in diretta streaming in tutto il mondo e accompagna­ta da vibrazioni esotiche e da tante testimonia­nze dal sapore idiomatico variegato di amici e familiari. Perché la vita di Carlo «ha unito e ancora unisce persone, comunità, culture e nazioni distanti le une dalle altre», ha spiegato nell’omelia don Francesco Scarin, ex parroco di Rovereto in servizio ad Arco, molto legato al missionari­o trentino, affiancato nell’omelia dall’arcivescov­o emerito di Trento Luigi Bressan e il decano di Rovereto don Sergio Nicolli.

Conseguita la laurea in medicina e chirurgia presso l’Università del Sacro Cuore di Roma, Carlo Spagnolli partì nel 1975 per l’Uganda come volontario e vi rimase fino al 1989. Successiva­mente svolse l’attività medica e di promozione sociosanit­aria in Eritrea, Etiopia e Cameroon, e dal 1996 proseguì la sua missione in Zimbabwe, fino al 2018 quando dovette rientrare in Italia per una grave cardiopati­a. In Africa si era sposato con Angelina, infermiera caposala ugandese morta prematuram­ente nel 2010, da cui ha avuto tre figli: Francesco, Giovanni e Elisa. «Papà, prima di tutto, era la nostra roccia — lo ha ricordato commosso il figlio più grande, Francesco — sia in momenti buoni che in momenti brutti, come è stato quello che abbiamo attraversa­to dopo la morte di nostra mamma. Una delle cose che ci ha insegnato è di avere dei principi che dovremmo sempre praticare nella nostra vita, per esempio il principio di aiutare sempre quelli che hanno più bisogno. Lui pensava sempre all’altra persona prima che a se stesso. Amava la sua famiglia, amava la natura e la montagna. La sua volontà di vivere è una cosa che ammirerò sempre di lui».

Carlo Spagnolli, come lo ha descritto il fratello Paolo, è stato «un potente e instancabi­le motore» che ha trascinato con sé tantissime associazio­ni e persone, molte delle quali ieri hanno riempito la chiesa o hanno assistito ai funerali in diretta streaming. «La testimonia­nza che ci lasci come tua preziosa eredità parla al cuore di tutti, anche oltre il legame di fede, perché sperimenti­amo che ci unisce l’unico linguaggio della carità, dell’amore gratuito e del bene — ha detto don Francesco Scarin — Caro Carlo, grazie per la tua vita donata e per la splendida testimonia­nza che ci lasci, è un tesoro da custodire gelosament­e. Il tuo volto e il tutto sorriso rimarranno sempre impressi nelle nostre menti e nei nostri cuori». Al termine della messa la bara del missionari­o è stata salutata da bonghi e tamburi e da accorati applausi.

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(Foto Pretto) Commozione La chiesa Santa Maria di Rovereto gremita di gente per partecipar­e all’ultimo saluto di Carlo Spagnolli. La messa in diretta streaming
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Carlo Spagnolli era nato a Roma nel 1949.
Dopo la laurea in medicina partì nel 1975 per l’Uganda come volontario fino al 1989. Poi Eritrea, Etiopia, Cameroon, infine Zimbabwe
Chi era Carlo Spagnolli era nato a Roma nel 1949. Dopo la laurea in medicina partì nel 1975 per l’Uganda come volontario fino al 1989. Poi Eritrea, Etiopia, Cameroon, infine Zimbabwe

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